lunedì 31 dicembre 2007

AIUTIAMO IL POPOLO KAREN, SOSTENIAMO LA COMUNITA' SOLIDARISTA' POPOLI.





SLEIPNIR VI PORTI UN BUON 2008.



RINGRAZIAMO TUTTI I NOSTRI SOSTENITORI,

CHI CI STA SEMPRE VICINO, CHI CI HA OSPITATI,


CHI HA RACCOLTO PER NOI INDISPENSABILI


FONDI, CHI HA CREDUTO IN NOI E NELLE


RAGIONI DELLA LOTTA DEI KAREN, CHI PER


NOI HA SUONATO NEI CONCERTI, CHI CI HA


INTERVISTATO, CHI HA DIFFUSO I NOSTRI


COMUNICATI E I NOSTRI FILMATI, CHI E'


INTERVENUTO ALLE CENE E AGLI INCONTRI,


CHI CI HA INVIATO DENARO PER SOSTENERE


I PROGETTI, CHI HA ACCOLTO IL COLONNELLO


NERDAH MYA CON CALORE E SINCERA PARTECIPAZIONE,


CHI CI GARANTISCE SOSTEGNO IN THAILANDIA,


E LE 795 PERSONE CHE NEL 2007 HANNO


DESTINATO IL LORO 5X1000 ALLA COMUNITA'


SOLIDARISTA POPOLI.


(www.comunitapopoli.org)


Auguri Luigi! Auguri Ragazzi!

In una vita segnata solo dal consumismo, dalla tv che ci indottrina su quali cose siano giuste o su quelle non giuste, su quello che devi mangiare o bere, su storie imbavagliate c’è chi ha fatto una scelta, una scelta di sacrifici, tutta in salita ma sicuramente più onorevole e gratificante del silenzio/assenso, più onorevole e gratificante di chi si unisce alla massa, una massa muta che segue un branco… Ma non di lupi, di pecore. Anche stasera, dove tutti o quasi penseranno a sballarsi con le droghe del terzo millennio o a riempirsi la bocca con i consueti cenoni di capodanno brindando all’anno finito (che poi non so proprio cosa ci sia da brindare, un’Italia in rovina, mutui a tasso variabile, la benzina più cara d’Europa…) il nostro pensiero sarà dedicato a Luigi Ciavardini accusato di essere l’esecutore materiale della Strage di Bologna, una strage infame e vigliacca. Noi siamo liberi ma Luigi è ancora in galera, chiuso dentro quattro mura, in una cella d’isolamento nel silenzio generale di tutte le istituzioni. Un silenzio che però non ci appartiene, un silenzio che ci fa venire ancora più rabbia. Una rabbia per l’ingiustizie e le menzogne delle quali siamo vittime tutti i giorni.




A Luigi, maestro di vita e a tutti i ragazzi ingiustamente arrestati va il nostro migliore augurio e l’abbraccio più forte.





Comunità Militante Perugia

Associazione culturale Tyr

domenica 30 dicembre 2007

DI DINI, PRODI, FMI... E ALTRE NEFANDEZZE...

CAMERIERE? MI SERVA UNA CRISI!



Come sapete, uno dei temi di sensibilizzazione su cui batte con insistenza questa pagina elettronica è quello della sovranità limitata dell’Italia. Dall’amarcord di Sigonella al caso Parlanti, non abbiamo praticamente mai smesso di porre in rilievo come la nostra sovranità politica, economica e sociale siano in effetti viziate da un deficit incolmabile dalle macchiette che fanno teatrino in Parlamento o a Palazzo Chigi e, tanto meno, da quelle che risiedono alla Farnesina o al Ministero dell’economia e delle finanze: la nostra politica estera è dettata dalle compulsioni ossessive della Casa Bianca e quella economica da chi ci ha sequestrato il conto in banca, vale a dire quegli enti sovranazionali di cui siamo debitori pubblici: Fondo monetario internazionale in primis...






Ribadito ciò, non apparirà sicuramente casuale che alla puntuale bocciatura della nostra condotta finanziaria da parte del Fmi, il suo emissario all’interno del governo, Lamberto Dini, abbia immediatamente annunciato che, al Senato, questo governo non avrà più il voto dei suoi pidiellini (Partito liberal democratico, lo specifico per gli smarriti nella giungla dei 52 partiti rappresentati in Parlamento e degli 11 che compongono l’attuale coalizione governativa...). Annunciando, di fatto e a breve, la crisi dell’amministrazione Prodi.



Badate bene, la crisi è comandata non perché ci stanno facendo piangere sangue fra rincari e strette ma perché la nostra SPESA PUBBLICA rimane troppo alta per i loro gusti... E ridurre la spesa pubblica significa semplicemente tagliare gli interventi statali su sanità, istruzione, pensioni ed altre corbellerie di questo tipo... Capito?



Per la triste cronaca che precede i fatti di questi giorni e seguirà chissà fino a quando, e per aiutarci almeno a capirla, è bene tener presente che il rospo ballerino (alias: Lamberto Dini) felicemente ed indifferentemente danzante fra governi di schieramento pseudo contrapposti, prima di darsi alla politica è stato direttore esecutivo del Fmi, per l'Italia ed altri fortunatissimi paesi come Grecia, Portogallo e Malta, notoriamente grati della sua influenza finanziaria.



Intendiamoci: che ci sia Prodi o Berlusconi, D’Alema o Veltroni o Dini stesso seduto a scaldar poltrona a Palazzo Chigi a me, onestamente, non fa né caldo né freddo: sempre meri esecutori di ordini altrui restano, a prescindere dal colore e dalle coalizioni che rappresentano. Non sono qui, insomma, a piangere lo stato di putrefazione della mortadella (anche perché più danni di così è difficile farne...) ma a ribadire il concetto: la nostra sovranità nazionale non esiste.



E, se non esiste, chi voglia fare Politica (con la “P” maiuscola) non può che mettere al primo punto del suo programma il recupero del nostro esercizio sovrano nazionale; al secondo: il recupero della sovranità monetaria; al terzo: l'estinzione (con le buone o con le cattive...) del debito pubblico. Il resto verrà di conseguenza...





Tratto dal sito di Miro Renzaglia.

ONORE AL RAIS!

Il 30 dicembre 2006, veniva condannato a morte Saddam Hussein; l’uomo che dal 1979 al 2003 aveva garantito stabilità e benessere sociale al popolo iracheno.







giovedì 27 dicembre 2007

Che regali faremo?! ... Di che colore sarà la tovaglia?! ... In quanti andremo in vacanza?! ...

Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Leonardo Varasano, uscito su Il Giornale dell'Umbria il 27-12-2007.





Alla ricerca del Natale perduto.




Lo avevano promesso e lo hanno fatto. Stiamo parlando dei mitici - e cosa c’è di più vicino alla mitologia degli eroi/antieroi del pallone? - Red Devils del Manchester Utd. Lo avevano proclamato da giorni: avrebbero “festeggiato” il natale - no, non è un refuso - in maniera indimenticabile. E ci sono riusciti. Un hotel esclusivo - poi semidistrutto, nemmeno si trattasse di una scolaresca scalmanata -, un party proibito a mogli e fidanzate, un contorno di ragazze avvenenti, fiumi di champagne, bagordi e chissà cos’altro. Uno stucchevole dejà vu, perfino banale. Un moderno rito dionisiaco culminato, dicono le cronache, in uno stupro. Anche qui, purtroppo, niente di nuovo. Le indagini, se ci riusciranno, faranno luce. Piuttosto è la motivazione, il pretesto del festino a muovere alla riflessione. Cosa significa, hic et nunc, “festeggiare” il natale? Che fine ha fatto il Natale della tradizione cristiana? Il 25 dicembre appena trascorso offre lo spunto per qualche considerazione.



Quella rimasta appare sempre più una festa senza il festeggiato, una semplice pausa dal lavoro imbevuta di “dover essere”. Così com’è, il natale è ormai ridotto ad una serie di convenzioni, ad una sequenza di diktat imposti dai mass media, all’esaltazione del kitsch; è, com’è stato scritto, “il giorno natale di boh…”. Per averne un’idea basta vedere, anche distrattamente, un qualsiasi telegiornale. Ormai da settimane, ogni tiggì - subito dopo averci sciorinato, con algido distacco, i drammi del mondo - ci propina servizi (a dir poco) di scarso gusto, certo non ascrivibili alla voce “costume”. Le questioni affrontate sollecitano dubbi ontologici: che regali faremo, cosa mangeremo la cena della vigilia, di che colore sarà la tovaglia, quanto peserà il panettone, quante calorie ingurgiteremo, in quanti andremo in vacanza, in quanti staremo in fila ai caselli, quale film andremo a vedere - spesso pellicole che definire trash è un eufemismo -, quanto ingrasseremo e, soprattutto, quanto dovremo dimagrire. Con un occhio al capodanno - altro caposaldo degli obblighi sociali -, e uno sguardo, non troppo lontano, al prossimo Ferragosto (per non farci trovare impreparati, mai sia!, giornali e riviste ci “aiutano” proponendoci già le possibili mete). Questo è ciò che sembra rimanere di un natale svuotato di ogni senso: una successioni di tempi e iniziative, private di ogni essenza, alle quali partecipiamo tutti, chi più chi meno, in nome di un forzato “dover essere”, in nome di una completa spersonalizzazione. Anche gli auguri e i regali sembrano senza significato, o quasi. Diciamola tutta: dire buon natale!, o più spesso - per essere politicamente corretti - buone feste!, è frutto solo di una convenzione, di un riflesso condizionato. E i regali? Perché si fa un dono? C’è un motivo? Sì, ma non si sa. Lo si fa e basta. Si schizza tra un negozio e l’altro, tra luminarie sempre più all’insegna dell’austerity - basti vedere Perugia -; ci si tuffa “in un gomitolo di strade” alla ricerca del regalo, se possibile inutilmente originale. Non sapete cosa regalare? Et voilà! Soluzione e consiglio prêt-à-porter: cosa c’è di meglio della carta igienica con sudoku? Ma per favore… Come facciamo a non sentirci ridicoli? Come può il Natale essere ridotto alla fiera del niente, ad orpelli senza sostanza?



Forse ha ragione Vasco Rossi: in fondo, “la gente cosa vuole? Vuole natale con la neve”. Una neve kafkiana, però, che si deposita sulle nostre insensatezze, fingendo di coprirle. Addio orizzonte metafisico, addio senso del sacro.



Tra le vittime di questa moderna concezione del natale, un po’ kitsch e un po’ blasfema, c’è la cultura del presepe. La natività, in linea di massima, non va rappresentata - soprattutto nelle suole - perché può essere “offensiva” (?!). Quando invece lo si fa, in non pochi casi si eccede in cattivo gusto: Gesù a cavallo di una motocicletta, statuine raffiguranti “vip”, Maria e Giuseppe impersonati da lattine di plastica, i Re Magi fatti con tappi di dentifricio e via di seguito. Una trasgressione fine a se stessa e - questa sì - offensiva. Che testimonia, tra l’altro, come l’identità storico-culturale dell’Occidente cristiano stia diventando sempre più debole, vacua e - di conseguenza - vilipesa. Ma qui si aprirebbe un mare magnum



Se il natale fosse veramente tutto questo, converrebbe starsene come Ungaretti, soli, con “il caldo buono” e con “le quattro capriole di fumo del focolare”. Ma il Natale, quello vero non la sua trasfigurazione nichilista ed edonista, è tutta un’altra cosa. Non è malinconia, non è “dover essere”.


mercoledì 26 dicembre 2007

POLITICA O MARKETING?

La politica, secondo la diretta etimologia della parola, dovrebbe essere l’arte del governare la comunità (Polis).



Secondo un'antica definizione scolastica, la politica è l'Arte di governare le società.



Il termine, di derivazione greca (da polis "πολις", città), si applica tanto alla attività di coloro che si trovano a governare , quanto al confronto ideale finalizzato all'accesso all'attività di governo o di opposizione.



In ogni caso, se come diceva Socrate:”.. L’Uomo è per sua natura un animale politico..”, la politica è un’attività che coinvolge l’Uomo da sempre, da quando si è aggregato con altri uomini per mettere in comune forza, abilità, organizzazione, ed intelligenza dalle quali ricavare per ciascuno  e per tutti, vantaggi e risultati molto superiori a quelli possibili nella vita singola!



In ogni caso, l’obiettivo fondamentale era ed è sempre stato quello di identificare la maniera migliore per strutturare la comunità in modo tale che a tutti ne derivasse il più grande vantaggio possibile date le circostanze generali.



Trasportato in tempi più moderni, il concetto di politica potrebbe essere definito come la competizione sociale di più progetti ideali di società, ciascuno dei quali, secondo la convinzione di coloro che lo propugnano, sia il migliore per la realizzazione di un mondo giusto, equo, funzionale e prospero per tutti.



E’ nostra opinione che oggi la politica non sia più così e che, neppure formalmente, abbia finalità e progettualità di quel tipo, ma che invece essa si sia trasformata in una macchina che da una parte inganna la popolazione con falsi propositi e dall’altra si adoperi per ottenere vantaggi illecito solo per gruppi di potere e ristrette oligarchie i cui interessi sono  estranei, quando non contrari, all’interesse collettivo!



Unica eccezione sono alcuni piccoli partiti, ancora fortemente ideologizzati, che hanno invece un progetto, condivisibile o meno, ma un progetto definito da raggiungere di società ideale e che si battono per raggiungerlo.



Piano, piano anche essi saranno fagocitati dal sistema e già ne stiamo vedendo i primi sintomi con la tendenza ad emarginarli sempre di più, sino ad espellerli dal sistema politico (i progetti di legge elettorale che i grandi partiti stanno discutendo prevedono appunto questo progetto!)



E non ci si venga a dire che lo impone la “Governabilità” perché basterebbe un sistema elettorale col proporzionale puro che preveda l’elezione diretta del capo del governo cui si dia una maggioranza parlamentare del 55% per avere la governabilità con il vantaggio collaterale di avere una opposizione variegata e non pregiudiziale che potrebbe espletare il compito di controllo e stimolo con maggiore efficienza e maggiore equilibrio:



In conclusione, il quadro politico che oggi si presenta, si sviluppa su due direttrici.



La prima di una minoranza di soggetti, ciascuno con  seguito elettorale modesto, che ha però precise connotazioni ideologiche e, come dicevamo, un preciso progetto di società da realizzare.



La seconda di pochi soggetti (un paio o tre) che è totalmente priva di progetti, ma che, in base a sondaggi ed azioni di analisi di mercato, propone via, via alla gente ciò che alla gente in quel momento fa piacere, magari con la riserva mentale di realizzare invece poi, quanto sarà più consono agli interessi di casta.



Lo abbiamo visto sia con i recenti governi di centrodestra che con quelli di centrosinistra  (basta un controllo tra i programmi elettorali dichiarati e le leggi fate e non fatte..) e lo vedremo ancora di più in seguito se la prossima legge elettorale favorirà i grandi partiti-contenitori come Forza Italia e il Partito democratico.



In questo contesto, ed in assenza di prospettive di società da realizzare per il bene comune, il governo diventa solamente l’espressione della conquista del potere fine a se stesso, cessa di essere espressione della politica e diventa strumento di gestione mafiosa!



Da una parte chi ancora lotta per realizzare un ideale, dall’altra la guerra del lupo contro il lupo per l’affermazione degli interessi del più forte e del più astuto.



Da una parte la buona fede di una convinzione che supera gli interessi personali e si proietta nella realizzazione del bene comune, dall’altra la malafede di chi lavora, con la frode e l’inganno, per sottomettere gli interessi della collettività a quelli propri del proprio gruppo, della propria cosca!



Per cambiare questo stato di cose ci vorrebbe una rivoluzione e, data la irrecuperabilità della classe - cosca politica, si dovrebbero far funzionare le ghigliottine.



Ma elettroniche, con l’ADSL, 80 teste a secondo….



Alessandro Mezzano

Il Natale dei Palestinesi.



Israele ha annunciato l’ampliamento di due colonie nei pressi di Gerusalemme. Un raid aereo ha ucciso venti persone.


"I palestinesi devono essere colpiti, e provare molto dolore.


Dobbiamo infliggergli delle perdite, delle vittime,


così che paghino un prezzo pesante."


Ariel Sharon, 5 marzo 2002







Israele ha annunciato l’ampliamento di due colonie nei pressi di Gerusalemme. La Road Map vietava ad Israele di istallare nuovi insediamenti ebraici, senza eccezioni. Road Map? Carta straccia (chissà adesso se il presidente Bush muoverà guerra contro lo Stato ebraico per non aver rispettato gli accordi?).


Ancora qualche lembo di terra palestinese verrà depredato dall’invasore – invasore, non bisogna dimenticarlo – sionista. Non una voce di protesta, non un sussulto da parte della Comunità Internazionale: normale anche questo vista la sudditanza politica a cui i nostri governanti sono soggetti. (Israele per tutti, tutti per Israele!)


Niente di ciò deve scandalizzare o colpire più di tanto. Quello che accade in Palestina è intrinseco nella fondazione stessa dello Stato israeliano.


Un esempio: la bandiera israeliana è costituita da una stella blu di David e da altre due strisce azzurre. Sapete cosa raffigurano simbolicamente queste due rette? Rappresentano due fiumi, il Nilo e l’Eufrate, i due “confini naturali”- l’uno ad Ovest, l’altro ad Est - che dovrebbe (lo vuole certamente Adonai, il loro Dio!) avere lo Stato israeliano.


Se non a quale scopo allora invadere la Siria, l’Egitto, il Libano, occupare Gaza?


Non si vengano a raccontare scuse favolistiche consistenti nell’indispensabile difesa dei confini, nella volontà dello Stato ebraico di essere libero da terrorismi e terroristi, perché l’espansione coloniale in quel territorio è implicita necessità storica e religiosa.


Non vi sono possibilità d’integrazione o di assimilazione per il popolo eletto, perché è proprio la convinzione di unicità, vantata pure per elezione divina (sia lodato quel buon Dio!), che li ha costituiti gruppo segregato e ghettizzato, comunità superiore ad ogni altro popolo, comunità umana che vuole e deve essere regnante.


Due popoli e due Stati, si sente dire spesso. Forse geograficamente la nascita di uno Stato Palestinese sarà possibile, ma solo quando la sovranità palestinese non esisterà più.


Non potendo più occupare definitivamente un territorio, lo stato ebraico ha deciso di delegittimarne la capacità con pressioni belliche ed economiche – a Gaza dati i blocchi dell’esercito israeliano non arriva più cibo, la popolazione è alla fame – in modo tale che i governi legittimamente eletti (la tanto invocata democrazia) debbano per forza di cose cadere, cedere, annullarsi.


Israele non può più colonizzare il Medio Oriente però può spadroneggiarvi lo stesso, affermando la propria economia o la propria autorità (santissima) politica.


Ma questo non ci deve scandalizzare, noi orgogliosi europei di sacrosante radici giudaico-cristiane. In fondo questa settimana per qualche razzo Qassam lanciato nei pressi – nei pressi, mica sopra! - di un campo profughi, Israele ha risposto con un sacrosanto raid aereo uccidendo più di venti persone. (Questa sì che è sicurezza!)


A volte ci si chiede, quando non si ha niente da fare, da dove nasca l’odio, quello viscerale per cui ogni cosa sarebbe legittima. Per i cristiani il giorno di Natale è festa, forse la più importante o più (commercialmente) sentita. La vigilia di questo Natale i palestinesi hanno pianto altri due morti – terroristi naturalmente – uccisi dal fuoco di Tel Aviv. Uno splendido Natale anche per loro.


Si accende la televisione e c’è pure qualcuno che difende lo stato ebraico: gli islamici sono malvagi, gli islamici sono il male e ci vogliono tutti morti. Fa pena poi sentire che questi individui molto spesso sono gli stessi che parlano di Patria, di figli a cui dare un futuro, di radici da conservare e preservare (ci sono patrie e patrie, no?)




Poi ogni tanto si vede una bara con una bandiera palestinese e madri che piangono, in un secondo tempo si vede la dovizia di un capo di Stato che chiede alla Comunità Internazionale appoggio militare e sostegno politico perché distruggere un popolo, un’ etnia secolare, una razza di combattenti, non è cosa facile. Ecco dove nasce l’odio: il mio ed il loro.




Di Luca Amorello, preso da www.noreporter.org


domenica 23 dicembre 2007

Natale solare e anno nuovo.

Vi sono riti e feste, sussistenti ormai solo per consuetudine nel mondo moderno, che si possono paragonare a quei grandi massi che il movimento delle morene di antichi ghiacciai ha trasportato dalla vastità del mondo delle vette giù, fin verso le pianure.




Tali sono, ad esempio, le ricorrenze che come Natale ed anno nuovo rivestono oggi prevalentemente il carattere di una festa familiare borghese, mentre esse sono ritrovabili già nella preistoria e in molti popoli con un ben diverso sfondo, compenetrate da un significato cosmico e universale. Di solito, passa inosservato il fatto che la data del Natale non è convenzionale e dovuto solo ad una particolare tradizione religiosa, ma è determinata da una situazione astronomica precisa: è la data del solstizio d’inverno.



E proprio il significato che nelle origini ebbe questo solstizio andò a definire, attraverso un adeguato simbolismo, la festa corrispondente. Si tratta, tuttavia, di un significato che ebbe forte rilievo soprattutto in quei progenitori delle razze indoeuropee, la cui patria originaria si trovava nelle regioni settentrionali e nei quali, in ogni caso, non si era cancellato il ricordo delle ultime fasi del periodo glaciale. In una natura minacciata del gelo eterno l’esperienza del corso della luce del sole nell’anno doveva avere un’importanza particolare, e proprio il punto del solstizio d’inverno rivestiva un significato drammatico che lo distinguerà da tutti gli altri punti del corso annuale del sole. Infatti, nel solstizio d’inverno, il sole, essendo giunto nel suo punto più basso dell’eclittica, la luce sembra spegnersi, abbandonare le terre, scendere nell’abisso, mentre ecco che invece essa di nuovo si riprende, si rialza e risplende, quasi come in una rinascita. Un tale punto valse, perciò, nei primordi, come quello della nascita o della rinascita di una divinità solare. Nel simbolismo primordiale il segno del sole come “Vita”, “Luce delle Terre”, è anche il segno dell’Uomo. E come nel suo corso annuale il sol e muore e rinasce, così anche l’Uomo ha il suo “anno”, muore e risorge. Questo stesso significato fu suggerito, nelle origini, dal solstizio d’inverno, a conferirgli il carattere di un “mistero”. In esso la forza solare discende nella “Terra”, nelle “Acque”, nel “Monte” (ciò in cui, nel punto più basso del suo corso, il sole sembra immergersi), per ritrovare nuova vita. Nel suo rialzarsi, il suo segno si confonde con quello de “l’Albero” che sorge (“l’Albero della Vita” la cui radice è nell’abisso), sia “dell’Uomo cosmico” con le “braccia alzate”, simbolo di resurrezione. Con ciò prende anche inizio un nuovo ciclo, “l’anno nuovo”, la “nuova luce”. Per questo, la data in questione sembra aver coinciso anche con quella dell’inizio dell’anno nuovo (del capodanno). È da notare che anche Roma antica conobbe un “natale solare”: proprio nella stessa data, ripresa successivamente dal cristianesimo, del 24-25 dicembre essa celebrò il Natalis Invicti, o Natalis Solis Invicti (natale del Sole invincibile).



In ciò si fece valere l’influenza dell’antica tradizione iranica, da tramite avendo fatto il mithracismo, la religione cara ai legionari romani, che per un certo periodo si disputò col cristianesimo il dominio spirituale dell’Occidente. E qui si hanno interessanti implicazioni, estendendosi fino ad una concezione mistica della vittoria e dell’imperium.



Come invincibile vale il sole, per il suo ricorrente trionfare sulle tenebre. E tale invincibilità, nell’antico Iran, fu trasferita ad una forza dall’alto, al cosiddetto “hvareno”. Proprio al sole e ad altre entità celesti, questo “hvareno” scenderebbe sui sovrani e sui capi, rendendoli parimenti invincibili e facendo si che i loro soggetti in essi vedessero uomini che erano più che semplici mortali. Ed anche questa particolare concezione prese piede nella Roma imperiale, tanto che sulle sue monete, spesso ci si riferisce al “sole invincibile”, e che gli attributi della forza mistica di vittoria sopra accennata si confusero non di rado con quelli dell’Imperatore.



Tornando al “natale solare” delle origini, si potrebbero rilevare particolari corrispondenze in ciò che ne è sopravvissuto come vestigia, nelle consuetudini della festa moderna. Fra l’altro un’eco offuscata è lo stesso uso popolare di accendere sul tradizionale albero delle luci nella notte di Natale. L’albero, come abbiamo visto, valeva infatti come un simbolo della resurrezione della Luce, di là della minaccia delle notte. Anche i doni che il Natale porta ai bambini costituiscono un’eco remota, un residuo morenico: l’idea primordiale era il dono di luce e di vita che il Sole nuovo, Il “Figlio”, dà agli uomini. Dono da intendersi sia in senso materiale che in senso spirituale.



[…] Avendo ricordato tutto ciò, sarà bene rilevare che batterebbe una strada sbagliata chi volesse veder qui una interpretazione degradante tale da trascurare il significato religioso e spirituale che ha il Natale da noi conosciuto, riportando all’eredità di una religione naturalistica e per ciò primitiva e superstiziosa. […] Una “religione naturalistica” vera e propria non è mai esistita se non nella incomprensione e nella fantasia di una certa scuola di storia delle religioni […] oppure è esistita in qualche tribù di selvaggi fra i più primitivi. L’uomo delle origini di una certa levatura non adorò mai i fenomeni e le forze della natura semplicemente come tali, egli li adorò solo in quanto e per quel tanto che essi valevano per lui come delle manifestazioni del sacro, del divino in genere. […] la natura per lui non era mai “naturale”. […] Essa presentava per lui i caratteri di un “simbolo sensibile del sovrasensibile”. […] Un mondo di una primordiale grandezza, non chiuso in una particolare credenza, che doveva offuscarsi quando quel che vi corrispose assunse un carattere puramente soggettivo e privato, sussistendo soltanto sotto le specie di feste convenute del calendario borghese che valgono soprattutto perché si t ratta di giorni in cui si è dispensati dal lavorare e che al massimo offrono occasioni di socievolezza e di divertimento nella “civiltà dei consumi”.



Julius Evola



Brani tratti dall’articolo Natale solare ed Anno nuovo apparso sul quotidiano Roma del 5 gennaio 1972.



Preso da www.azionetradizionale.com


venerdì 21 dicembre 2007

Più buia è la notte, più luminosi i Fuochi.

" Gli inquisitori hanno tentato di spezzare i nostri corpi,

e di catturare le nostre anime.

Ci hanno chiesto di rinnegare i nostri padri

e di maledire il nostro sangue.

Hanno distrutto le nostre case

e bruciate le nostre donne.





Hanno tentato di uccidere la speranza,

e ci hanno detto che tu eri morto,

che mai saresti ritornato,

che il freddo e la notte ti avevano seppellito.



Ma noi sappiamo

che tu sei vivo,

che tu tornerai trionfante.

Noi sappiamo che tu ardi

nel più profondo dei nostri cuori

e che brucerai

nel più profondo del cuore dei nostri figli,

e dei figli dei nostri figli,

ETERNAMENTE,

perchè tu sei la forza che guida le nostre braccia

e porta la nostra spada.

Tu sei messaggio di libertà

e manifestazione di ogni vita.



E' per questo,

per la fiamma e la roccia,

per la fonte e l'albero,

che ti salutiamo.

Tu, verso cui si innalza il volo delle oche selvatiche,




Tu, odiato dai preti e amato dai guerrieri,

Tu, nostro fratello nel riposo e nel combattimento,

Tu, l'invincibile,

Tu, il Sole. "






(Enric Duchesne)






Che la luce della nuova Aurora incontri i nostri fuochi veglianti nella notte.



Buon Solstizio,



Valete Optime in Pax Deorum
.


giovedì 20 dicembre 2007

Buon Natale Beslan!

L'iniziativa in favore dei bambini vittime dell'atrocità si è felicemente conclusa.





Si è conclusa la raccolta doni per i bambini di Beslan e si è chiusa con un bilancio davvero soddisfacente. Quando avevo postato l'appello su noreporter speravo di riuscire sì e no ad accontentare la metà dei ventotto bambini i cui nomi e indirizzi mi erano stati forniti da chi, da prima di noi, li sostiene da Parigi.

In poche settimane abbiamo invece raccolto tantissimi doni. Ogni bambino (poste e ladri permettendo) riceverà dai tre ai quattro pacchi dono, nei quali pacchi dono si trovano tra l'altro diversi regali.



Segnalo anche le seguenti offerte ricevute





  • una scuola media di Sovico si è offerta per realizzare una serie di “gemellaggi” epistolari tra i suoi alunni e i bambini di Beslan




  • si sono create le condizioni per quattro “adozioni morali” a distanza




  • una struttura alberghiera della Venezia Giulia si è offerta di accogliere i bambini per le vacanze; ma questo, purtroppo, non avrà probabilmente seguito in quanto i bambini sono troppo traumatizzati per essere portati lontano da casa




  • le autorità russe a Beslan e a Parigi si sono dimostrate cooperative (da Roma invece ancora nessun segno di vita)




  • diverse società sportive hanno collaborato alla raccolta, tra le quali la Roma Vis Nova di pallanuoto, la Virtus e la Stella Azzurra di pallacanestro





Ripromettendomi di ricontattare tutti coloro che hanno reso possibile questo Natale di Beslan per chiedere loro un'ulteriore collaborazione (stavolta si tratterà di semplici biglietti di auguri in primavera e in estate) non posso non ringraziare tutti per la generosità dimostrata.



Né nascondo un moto d'orgoglio per il fatto che a tale risultato si sia giunti con l'utilizzo dell'unico strumento di noreporter.



Ma, soprattutto, sono a cuor traboccante perché ho avuto la riprova (ma era necessaria?) che chi è stato modellato con buona creta vola sempre più alto delle mediocrità che lo circondano e a cui spesso sembra essere a sua volta destinato a inchiodarsi.



Vi ringrazio dunque tutti; in primis Tania che è stata la nostra instancabile traduttrice,



poi le associazioni che si sono impegnate alla raccolta: Dea, Soccorso Sociale, Regaliamo un Sorriso, Nuove Sintesi, Controvento, Associazione Patriottica, Gioventù Sudentesca, Araldo. Tutti quelli che si sono dedicati uno ad uno, anche con sacrificio, perché il gesto potesse essere realizzato: Alessandro, Alessio, Beppe, Beppe, Bruno, Camilla, Davide, Davide, Elisa, Emilio, Enri, Eugenio, Fabio, Fabrizio, Federica, Francesca, Francesco, Francesco, Francesco, Francesco, Gabriele, Gianni, Giorgio, Giulio, Malvina, Marco, Marco, Mari, Marika, Maurizio, Oliver, Pierluigi, Pietro, Riccardo, Rudy, Simone, Simone e in particolar modo tutti coloro che hanno collaborato anonimamente oltre a quelli che mi hanno promesso un contributo.



Ringrazio anche quelli che si aggiungeranno in seguito a quest'iniziativa.



Buon Natale davvero! Tra pochi giorni il Sole risorge e la veglia è stata proficua.







Chi abbiamo aiutato?







Il 1 settembre 2004 veniva consumato uno degli atti terroristici più vigliacchi della storia. Un commando ceceno (ma poco importa da quale Nazione fossero vomitati quegli indivdui) occupava una scuola elementare nella povera Repubblica dell'Ossezia del Nord, appartenente alla Federazione Russa, e dopo aver preso in ostaggio bambini e genitori si dava a dimostrazioni di efferatezza atte a piegare le autorità.



I terroristi torturavano e uccidevano gli ostaggi a più riprese. Figli sotto gli occhi dei genitori, madri e padri sotto gli occhi dei figli.Di quell'inferno, di cui solo poco e transitoriamente è apparso sui media, molti bambini portano ancora tracce profonde e indelebili e hanno bisogno di essere recuperati alla vita.



Noi non possiamo fare che poco, ma almeno quello lo stiamo facendo.


 


Di Gabriele Adinolfi, tratto da www.noreporter.org

lunedì 17 dicembre 2007

Yankee go home!

Vicenza: proteste e lacchè.



Giovedì scorso è iniziata la tre giorni di mobilitazione europea dei No Dal Molin, il comitato che si oppone all’allargamento della base Nato a Vicenza. Mentre il popolo manifesta il proprio dissenso contro l’allargamento della base militare yankee, i nostri politicanti continuano al contrario a fare i lacchè degli invasori. Mercoledì D’Alema parlando con il segretario di Stato americano Condoleezza Rice ha detto che “sulla base di Vicenza la questione è risolta”. Mentre Napolitano ha affermato che riguardo all’ampliamento dell’aeroporto Dal Molin, da parte del governo italiano non c’è “nessun ripensamento”.


I manifestanti ovviamente la pensano in maniera opposta: “Non esistono padreterni – dice Olol Jackson, del presidio No Dal Molin – contesteremo i ministri e sottosegretari che verranno alla manifestazione di sabato, ma pensiamo di fischiare anche il presidente Napolitano se verrà ad aprile a Vicenza”. “Invece di volare negli Stati Uniti per fare la first lady di Bush – aggiungono dal presidio – Napolitano farebbe bene a fare il presidente della Repubblica italiana, recandosi a Vicenza e parlando con quei cittadini di cui dovrebbe essere il massimo rappresentante”. E rivolti a D’Alema: “Sa bene che la comunità locale impedirà in modo pacifico ma determinato l’inizio dei lavori di costruzione della nuova base Usa. A lui l’onere di spiegare cosa intende quando parla di questione risolta: ha forse deciso di passare sopra ai vicentini con le ruspe?”.

La loro rabbia è rivolta soprattutto contro l’attuale governo di centrosinistra, in particolar modo contro le frange più estreme che avevano promesso battaglia contro l’allargamento della Dal Molin. E infatti una settimana fa hanno fatto irruzione agli Stati generali della Sinistra per dire ai parlamentari che hanno espresso il loro dissenso alla scelta di Prodi di andare avanti con la base, che devono assumersi le loro responsabilità. Ora, se la prendono con il presidente della Repubblica e con il ministro degli Esteri.

A fianco degli attivisti del comitato anche alcuni rappresentanti del mondo politico, che hanno mal digerito le recenti esternazioni di D’Alema e Napolitano: “Alcuni ministri – dice la parlamentare di Sinistra Democratica Lalla Trupia – hanno la cattiva abitudine di dare per deciso ciò che non è mai passato al vaglio né dell’intero governo né della sua maggioranza e dimenticano troppo facilmente – aggiunge – il programma con cui hanno ottenuto il voto dai loro elettori”.

E così tutti i parlamentari della Sinistra e dell’Arcobaleno che parteciperanno al corteo di oggi a Vicenza chiedono una moratoria per la base Usa: “Sentiamo la lotta della popolazione di Vicenza contro la nuova base Usa come una nostra lotta”, scrivono. E ancora: “Crediamo che si debba dare modo ai cittadini di Vicenza di poter decidere attraverso una consultazione democratica del loro futuro”.

A favore dei manifestanti anche il padre comboniano Alex Zanotelli che ha scritto un appello per la riduzione degli armamenti: “La Finanziaria 2008 – denuncia – mette a disposizione della Difesa 23,5 miliardi di euro, con un aumento dell’11 per cento sul 2007, quando il bilancio militare era stato già stato incrementato del 12 per cento rispetto al governo di centrodestra”.

Speriamo che la manifestazione di Vicenza serva a qualcosa ma nutriamo forti dubbi. L’Italia è dal 1946 una colonia statunitense e nessun governo, di qualunque colore politico, ha mai osato denunciare lo stato di vassallaggio del nostro paese. Riteniamo inoltre che la manifestazione contro la Dal Molin, per quanto giusta, non colga in pieno l’obiettivo. E’ sicuramente necessario contrastare l’allargamento di tale base ma tutte le altre 112 basi Usa sparse lungo il nostro territorio?

Questo ci vorrebbe: una manifestazione nazionale che chieda la chiusura di tutte queste basi. Allora sì che forse gli americani comincerebbero a preoccuparsi. Ma fino a quel giorno sicuramente continueranno a dormire sonni tranquilli e a considerarsi i legittimi padroni del nostro territorio.



Di Alessandro Cavallini, pubblicato su Rinascita.

domenica 16 dicembre 2007

Feudalesimo del terzo millennio.

Strani tempi corrono, che ci fanno pensosi per il futuro del mondo e per il destino dell’umanità!



In questa epoca che viviamo, sempre più la ricchezza assume la valenza di potere assoluto e, con la progressione del mondialismo capitalistico, questo concetto si diffonde come un ‘infezione in tutto il mondo,  macinando ed omogeneizzando culture, razze, religioni, tradizioni, etnie, in un’unica marmellata insipida ed indefinita di rintontiti consumatori al servizio del profitto..!



Nello stesso tempo, sempre di più la ricchezza si concentra nelle mani di  poche persone ( pare che l’ottanta per cento della ricchezza mondiale sia oggi controllata da poche dozzine di persone..!) che manipolano nell’ombra governi e pubblica opinione e gestiscono le fonti ed i motori sociali e politici del potere.



Democrazie e dittature, Stati liberali e tirannie, tutti, alla fine, sono condizionati nelle scelte fondamentali dal gioco dell’economia e dunque, chi possiede le ricchezze per governare gli sviluppi e le correnti dell’economia, controlla, influenza e determina le linee d’azione che le situazioni economiche impongono.



Il mondo sta ritornando all’epoca feudale, ma di un feudalesimo che non conosce la matrice nobile ed aristocratica dell’ideale cavalleresco che animava almeno i primi tra i feudatari.



E’ vero che poi le situazioni degenerarono nel prosieguo delle generazioni a causa dell’avidità, degli egoismi e delle ambizioni sino a creare situazioni di semischiavitù dove i diritti che i cavalieri avrebbero dovuto difendere erano invece calpestati da un’aristocrazia del censo e non dell’animo e da un clero infame, ma si trattò, appunto, della degenerazione di un ideale nobile e sacro.



In questo nuovo Feudalesimo moderno, invece, non esiste nemmeno il correttivo degli ideali che sono stati sostituiti dalle peggiori tra le pulsioni dell’animo umano.



Ambizione, profitto, sete di un potere che è solo strumento per aumentare se stesso nella logica schizzoide di un circolo chiuso che non porta da nessuna parte, sono la cifra di lettura di questo stadio  ( non abbiamo cuore di chiamarlo civiltà..) dell’evoluzione dell’umanità!



In basso, le masse di produttori/consumatori che, come le api con il miele nelle arnie, hanno gli strumenti ed il compito di creare la ricchezza di cui usufruiscono solo in  minima parte e che sono addestrati tecnicamente, ma tenuti nell’ignoranza umanistica dato che questo tipo di  cultura insegna a pensare e pensare vuol dire criticare e criticare vuol dire competere e magari opporsi.



In alto, i pochi detentori delle grandi  ricchezze e del potere che ne deriva, che diventano sempre più ricchi,  sempre più potenti e sempre più inattaccabili…



Quello che nel medio evo fu il potere temporale della Chiesa e dell’impero  e che sottomise tutte le popolazioni, oggi è il potere delle banche e delle borse che, a differenza di allora, non ha concorrenza, è totalizzante ed è riconosciuto ed accettato da tutto il mondo che ne subisce il dominio!



Né si vedono all’orizzonte spazi per la nascita e lo sviluppo di un qualcosa di analogo a quello che allora fu per il feudalesimo la borghesia che fu altresì il seme di quel capitalismo che ci ha riportato oggi alle soglie di questo nuovo feudalesimo.



Con la rivoluzione Francese, la borghesia abbatté l’antico feudalesimo e ingravidò la storia del seme di quello moderno.



Quello, feudalesimo delle armi e della forza, questo feudalesimo dell’oro e dell’economia…!



Alessandro Mezzano

mercoledì 12 dicembre 2007

11/11/2007 - 11/12/2007.


UN’ALTRA VITTIMA SENZA GIUSTIZIA. NOI NON DIMENTICHIAMO.





Un mese è passato da quella maledetta domenica, l'undici novembre, che ha portavo via Gabriele Sandri. Un ragazzo che, come noi, amava la vita, gli amici e la sua squadra del cuore. Ucciso in un modo vigliacco e senza un perché. Tanto si è detto e tanto si è fatto per far ricadere il tutto nell'ambito della violenza negli stadi; tutto, all'inizio, è stato orchestrato ad arte per cercare di far ricadere la responsabilità della sua morte nell'ambito di un fantomatico scontro tra ultras. Ricordiamo tutti le prime notizie battute dall’Ansa e dall’Agi che riportavano l’accaduto molto vagamente, cercando di far credere che il colpo poteva essere stato sparato da uno dei due gruppi ultras. Ricordiamo tutti le prime parole del Questore di Arezzo che riferiva di un paio di colpi sparati da un agente accorso sul posto, ma che ovviamente, riferiva il questore, aveva sparato rigorosamente in aria. Ci domandiamo perché, in uno Stato come l’Italia, sedicentemente democratico, non si abbia avuto il coraggio di dire la verità. Di dire, almeno per una volta, come erano andate veramente le cose. Perché aspettare tanto? Perché non dire che un’agente scelto della Polizia di Stato aveva vigliaccamente ucciso in un modo che non osiamo neanche immaginare un ragazzo appena ventottenne per cercare di sedare una fantomatica rissa? Ma soprattutto, ci domandiamo, come sia possibile che, e lo ripetiamo, in uno Stato come l’Italia, definito democratico, possa succedere che chi è accusato di omicidio volontario, il poliziotto Luigi Spaccarotella, sia ancora libero in casa propria e libero addirittura di fare conferenze stampa? Chiediamo troppo alla democrazia? Nei giorni seguenti l’accaduto, il capo della Polizia, Antonio Manganelli dichiarava: "La Polizia si assumerà le proprie responsabilità". Quando? Magari, per una volta, avrebbero fatto solamente il proprio lavoro. Un lavoro per il quale tutti i cittadini onesti come noi pagano. Oggi, in rigoroso silenzio, ricordiamo un ragazzo vittima di questo Stato, un ragazzo che come altri, aspetta giustizia. Una giustizia giusta che deve arrivare anche nella vita terrena, perché, come detto dal sacerdote che ha reso l’ultimo saluto a Gabbo, quella divina arriverà sicuramente.



Ciao Gabriele, noi non ti dimentichiamo, continueremo a chiedere verità e giustizia per te. Ci rivedremo nel Valhalla.


Comunità Militante Perugia - Associazione Culturale Tyr

Bliz di Forza Nuova alla convention sionista di Roma.

Fighting for Democracy in the Islamic World. Roma 10/11-12-2007

I NEMICI DELL’EUROPA A CONVEGNO A ROMA

Come l’industria della guerra globale inventa il proprio nemico.



Da ieri, a Roma, è in svolgimento il più grande raduno dell’intellighenzia liberal-capitalista-sionista-massonica-antieuropea-mondialista che si sia mai visto! I teorizzatori dell’occidentalismo militante a convegno, per discutere sulla necessità imprescindibile di portare la democrazia “illuminata” nei paesi islamici, ossia la necessità di imporre con le armi, come già si sta facendo in Afghanistan, in Iraq, in Libano, in Palestina, la non-cultura mercantilistica, materialistica, relativistica, edonistica dell’occidente. Il gotha dell’ideologia neo-con in assise per pianificare il neocolonialismo in medioriente. Modera il dibattito Natan Sharansky l’ideologo della democratizzazione forzata “con la punta del fucile”.

Il regime “democratico” del mondialismo internazionale, come ogni espressione di controllo massivo e di totalitarismo ideologico - dal comunismo al dominio globale del grande fratello - ha in sé, come germe di distruzione e sopraffazione, il bisogno ontologico del conflitto perenne, dualisticamente inteso; un conflitto dove da un lato, in una retorica infarcita di buonismo, filantropia e deliri superomisti, vivono e lottano per la sopravvivenza le potenze del bene, dei diritti umani, della civiltà, del progresso, del laicismo razionalista, del relativismo libertario, e dall’altra il male assoluto, che minaccia ed incombe sul mondo, incarnato oggi, purtroppo sempre più anche nella mentalità comune, dall’uomo Religioso e da tutta quella complessa antropologia culturale, sociale e politica – chiamata a secondo dei casi fanatismo, superstizione, intolleranza, integralismo - che fa di esso un antimoderno, un puro, non sedotto dal mondo, dalla droga dell’effimero, dall’immanenza vuota dell’apparire e del possedere e che per questo è un uomo libero, pericoloso, indomabile, sovversivo.

Una pietra d’inciampo, uno scandalo da cui salvare l’occidente che, se poi nel salvarlo ci si guadagna in assetto geo politico, in petrolio, in industria bellica, in risorse energetiche, è solo una banale coincidenza che nulla toglie alla nobile missione di portare felicità e progresso al cattivo selvaggio.

Filosofia e Potere, un’endiadi esplosiva, una minaccia globale.

Va dunque in scena l’esportazione della democrazia o “dell’invenzione del nemico”, dai villaggi bombardati di Iraq, Afghanistan, Libano, ai salotti bene dell’intellighentia post-rousseauiana e dell’alta politica, la musica è la stessa… ed è musica di morte: morte di uomini, morte di Verità e Giustizia, morte di Civiltà.

Il convegno in questione rientra in questo schema preciso, mistificatorio e demagogico: nel voler identificare il nemico ed il pericolo, in questo caso, nell’islam tradizionale - cosa ben diversa e di ben altra dignità rispetto al fondamentalismo islamico, creatura generata in vitro dall’occidente stesso e per questo serpe nel seno di una matrigna sterile ed indegna – reo in primis di rifiutare il sistema “democratico” occidentale e di esso: usi, costumi, vizi, crisi e decadenza, reo di non riconoscerlo come l’unico possibile, come il migliore, come il veicolo irrinunciabile di civiltà e pace, e colpevole quindi di rimanere, nel suo rifiuto e nella sua opposizione, nella sua lotta, nella sua voce spesso dirompente per coraggio e coerenza, quasi ultimo baluardo di resistenza attiva alla globalizzazione, alla sua livella omologante, al suo stomaco meccanico che rumina uomini, idee, tradizioni, identità per espellere consumatori anonimi e pedine mute.

Niente di più facile che ribaltare la realtà delle cose dall’alto di cattedre, scranni di parlamento, stanze dei bottoni, pagine di giornali internazionali; niente di più facile che esaltare i valori borghesi del democratismo peloso, di chiamare in causa diritti umani, di osannare illuministicamente il progresso come unico veicolo di civiltà; niente di più facile… tanto che in uno stretto giro di titoli il Nemico, il Cattivo è già pronto e confezionato: l’Islam, antidemocratico per vocazione e tradizione, è già sul banco degli imputati per un dato antropologico ed ontologico che è parte stessa del suo esistere; incompatibile con i salvatori e condannato quindi ad un’insanabile alterità.

Ecco dunque che la questione libanese viene indicata come conseguenza dell’azione aggressiva dell’Islam radicale e non come, viceversa, il deliberato attacco israeliano ad un paese esempio di tolleranza, ecumenismo ed integrazione; ecco la resistenza palestinese definita terroristica e identificata come causa della mancata pace in medio oriente come se la controparte del conflitto non avesse colpe e responsabilità in merito; oppure, ciliegina sulla torta, ecco l’enunciazione esatta dello scontro di civiltà, in cui l’Islam viene identificato come minaccia esterna ed interna all’occidente, lì dove invece l’occidente, già terminologicamente perdente per il fatto di escludere dal suo orizzonte la vitalità solare e sinergica dell’oriente, coltiva in sé la sua stessa crisi e decadenza, nel relativismo che lo rende debole, nell’edonismo che lo rende sterile, nel materialismo che lo rende immanente, statico ed autodistruttivo e per questo causa indiscussa di ogni suo male.

Poche frasi dunque - ancor prima che il convegno, falsamente teso al confronto dialettico sulla questione, abbia inizio e svolgimento - ed il nemico è servito: barbaro, incivile, aggressivo, crudele, in espansione… quasi un unno di tardo-antica memoria, ma l’impero romano non sarebbe mai caduto sotto i colpi di Vandali e Goti se la sua decadenza non si fosse già ampiamente compiuta molto prima del loro arrivo. Il drago è nella caverna, nel profondo del proprio abisso, molto prima e molto più che dall’altra parte del mare.

Non ci sembra servano altri esempi per dimostrare la faziosità, la volontà di potenza, la pericolosità manifesta di un’operazione di questo genere, che per questo noi ci sentiamo in dovere di contestare, contrastare e smascherare in ogni modo, poiché in essa operano evidentemente le vere piaghe, i veri nemici della nostra civiltà, seminatori di discordia, assetati di potere, intrisi d’odio per il diverso, deliranti di manie di persecuzione e desiderio persecutorio di rivalsa, mentitori brillanti, tessitori di trame, devastatori di popoli.

Vorremmo infine chiedere agli oratori del convegno quale democrazia vorrebbero (imporre) esportare? Alla signora Nirenstein vorrei chiedere: a quale democrazia pensa, quella che ha impedito al prof. Toaff di fare il proprio lavoro di storico e ricercatore censurando il suo libro? Al sig. Trimble: quale democrazia vuole esportare quella esportata dai sui amici inglesi nella sua Irlanda del Nord a suon di mitra, cannonate e repressione? O quella delle bande paramilitari unioniste che oggi gestiscono il traffico di droga nell’Ulster? Al sig. Sharansky: quale democrazia vuole, quella che tiene chiuso in prigione in isolamento da 20 anni un innocente, Mordechai Vanunu, reo di aver detto la verità sui programmi nucleari israeliani, quegli stessi programmi che Israele vuole adesso impedire per l’Iran? Oppure quella applicata ai palestinesi nei territori occupati? E Aznar cosa vorrebbe? Matrimoni e adozioni per coppie omosessuali come in Spagna? Ai signori Fini, Cicchitto e Ranieri (destra e sinistra come sempre uniti in difesa dell’indifendibile): vorrebbero anche per i paesi islamici una democrazia come quella italiana? Quella della casta, dei privilegi, degli inciuci, della politica attaccata a poltrone e potere mentre il paese è in piena decadenza etica, morale, politica ed economica?

Se hanno cosi a cuore la democrazia perché non la esportano in Cina, dove dei diritti umani non sanno che farsene? Perché fra i dissidenti non hanno invitato il Dalai Lama? In Cina ogni anno ci sono più condanne a morte di quante ce ne siano in tutto il resto del mondo. Oppure perché non portano la democrazia in Arabia Saudita? Un paese islamico dove l’omosessualità è condannata con la pena capitale?

Forza Nuova non può assolutamente accettare il tentativo di trovare giustificazioni umanitarie all’imperialismo ed al neocolonialismo, per questo oggi contesterà aspramente il convegno dei neo con.



Roma, 11/12/2007

Trasporti e cabotaggio, un piccolo suggerimento a Prodi.


L’Italia è una penisola lunga circa 1.300 chilometri ( senza contare le isole), inserita nel mediterraneo, quasi un molo dell’Europa, teso a sud verso l’Africa, ad est verso i Balcani e l’Asia ed a ovest verso Spagna e Francia.


Una sessantennale politica dei trasporti, stupida quanto servile verso la FIAT, ha costruito una struttura ed una organizzazione del trasporto merci quasi unicamente su gomma trascurando quasi totalmente l’opzione delle ferrovie ed ignorando completamente quella del cabotaggio marittimo.


I risultati, ampiamente prevedibili, sono sotto gli occhi di tutti e si esprimono in costi sempre più elevati a causa soprattutto, ma non solo, degli incrementi del prezzo dei carburanti, in un elevatissimo tasso di inquinamento ambientale dovuto al congestionamento ed alla saturazione del traffico stradale, in disagi per gli utenti delle strade ed autostrade e in un notevolissimo aumento dei morti e dei feriti in incidenti stradali la cui probabilità aumenta in proporzione all’aumento del traffico.


Una delle riforme da farsi con urgenza dovrebbe essere quella della riorganizzazione di tutto il sistema dei trasporti per ovviare agli inconvenienti sopra descritti e per ottimizzare le risorse che la situazione geografica ed orografica dell’Italia ci offre.


Obiettivo generale del progetto sarà quello di decongestionare drasticamente il trasporto su gomma e, nello stesso tempo, di intensificare i trasporti, sia interni che internazionali trasformando quella che è attualmente solo una posizione geografica di molo per l’Europa, in una funzione operativa.


Inoltre si dovranno ottimizzare i collegamenti regionali per il trasporto dei passeggeri pendolari che quotidianamente si recano al lavoro muovendo milioni di automobili che intasano il traffico ed inquinano in maniera insostenibile le città.


Per ottenere questi risultati, sarà necessario operare in quattro direzioni distinte e complementari:


Sviluppare le linee ferroviarie della penisola, soprattutto in senso longitudinale.


E’ necessario, per sostituire efficacemente il trasporto su ruote con quello ferroviario, moltiplicare la possibilità di frequenza dei treni sia con una linea ad alta velocità che ci permetta di restare inseriti nella logistica internazionale, che raddoppiando o triplicando la capacità delle attuali linee in attività ed intensificando e migliorando il servizio di manutenzione generale e modernizzando il parco vagoni con l’inserimento di vettori idonei ad ogni esigenza di trasporto.


Mentre l’effettuazione del servizio trasporti sarà esclusivamente eseguito dalla Ferrovie, la gestione dell’aspetto commerciale potrà essere lasciata ad aziende private specializzate.


Limitare l’uso del trasporto su gomma agli spostamenti locali ed a quelli in senso trasversale.


Data la maggiore difficoltà di sviluppare linee ferroviarie in senso trasversale a causa della dorsale Appenninica, il trasporto su ruote si occuperà di effettuare un “servizio navetta” per dislocare le merci dal punto ferroviario o dal porto marittimo più vicini, sino alla destinazione finale.


Organizzare un massiccio traffico di cabotaggio marittimo con la costruzione di una moderna flotta di navi da trasporto di container e con il potenziamento dei porti esistenti oltre alla costruzione di altri porti, secondo necessità.


L’Italia ha la fortuna di avere migliaia di chilometri di coste di un mare interno e quindi relativamente tranquillo.


E’ assolutamente stupido, oltre che criminale, non approfittare di questa possibilità offertaci dalla natura per usarla come mezzo di trasporto interno ed internazionale, soprattutto per le merci non deteriorabili dato che il costo del trasporto per cabotaggio è infinitamente più economico di quello su ruote o per ferrovia ( rispetto al trasporto su gomma, quello per cabotaggio costa da 20 a 25 volte di meno..!).


In altri paesi Europei come Germania e Francia, si approfitta addirittura dei fiumi sui quali transitano “treni” di chiatte pieni di container e ci sono porti fluviali come Colonia o Mannheim—Ludwigshafen che hanno un traffico merci paragonabile al porto di Genova.


Certamente bisognerà potenziare sia la flotta che le strutture portuali costruendo nuovi porti laddove si riveli necessario, ma il risultato, in tempi medi, sarà assolutamente conveniente sia dal punto di vista economico che da quello ecologico (  il mare, a differenza delle autostrade e delle ferrovie, non ha bisogno di costante manutenzione..).


4° Riorganizzazione del traffico passeggeri, specie dei pendolari, teso a decongestionare le strade ed a limitare l’uso massiccio e quotidiano dell’automobile.


Con la partecipazione, anche economica, delle amministrazioni comunali e regionali si dovrà programmare un piano di sviluppo ragionato delle linee metropolitane che dovranno estendersi sino a 30/40 chilometri dal centro delle grandi città in modo da offrire la possibilità ai pendolari di raggiungere agevolmente i posti di lavoro senza intasare per questo strade ed autostrade.


Grandi parcheggi saranno costruiti ai capolinea delle stazioni periferiche delle linee metropolitane.


Una volta create le condizioni di agibilità del trasporto dei pendolari, si dovrà regolamentare l’accesso automobilistico alle città ponendo drastiche limitazioni e prevedendo sanzioni pesanti ai trasgressori.


Con questi quattro punti programmatici non si risolverà probabilmente ogni aspetto della problematica del trasporto, ma riteniamo che la strada da percorrere per il futuro sia comunque quella di privilegiare l’obiettivo del risultato ottimale per tutti ( senso della buona amministrazione) anziché, come in passato, quella di dare priorità ad interessi privati o settoriali come quando si è trascurato il trasporto su rotaia e di cabotaggio per favorire quello su strada che faceva comodo alla Fiat che produce automobili ed autotreni …..


Il tutto, data l’importanza strategica del settore, deve essere sviluppato e svolto sotto il controllo diretto o indiretto dello Stato anche quando le concessioni relative siano rilasciate all’iniziativa privata per determinare una situazione di concorrenza dalla quale non potrà che derivare una serie di vantaggi per i Cittadini.


Difatti decenni di assoluto monopolio statale nel quale, specie negli ultimi sessant’anni, si è privilegiata la “sistemazione” in posti dirigenziali di amici della casta dei politici senza considerare le necessarie competenze professionali per tali posizioni di comando, hanno prodotto una situazione di deresponsabilizzazione e di inerzia operativa che hanno appesantito i costi di gestione, ritardato le innovazioni e trascurato i livelli di sicurezza per i passeggeri e le merci.


La razionalizzazione e l’ottimizzazione del trasporto pubblico, specie per quanto riguarda le merci, avranno come conseguenza diretta la diminuzione del trasporto privato attualmente quasi tutto su strada, che verrà a costare di più e ad avere limiti logistici e funzionali rispetto a quello, invertendo quella tendenza che lo faceva privilegiare in funzione di risultati più affidabili e sicuri.


Sarebbe opportuno prevedere la costituzione di commissioni miste di associazioni di operatori, di utenti  e delle istituzioni  interessate per monitorare costantemente l’andamento dei trasporti sotto ogni punto di vista e dare al legislatore gli opportuni suggerimenti atti a correggere in corso d’opera le strutture e l’organizzazione.


Il presidente del consiglio farebbe bene a pensare a modificare l’assetto del trasporto anziché sbigottirsi e scandalizzarsi per lo sciopero dei TIR..


Alessandro Mezzano


martedì 11 dicembre 2007

"Ciaoeuropa", 8 dicembre.

E' in distribuzione "Ciaoeuropa" dell’8 dicembre 2007 (Anno XVI n. 13).



Sommario:




  • In nome del Popolo Italiano di Paolo Signorelli;

  • L’inganno della democrazia di Fabio Calabrese;

  • Fuori dal coro di Lodovico Ellena;

  • Il porcile d’Europa di Oscar Aldo Marino;

  • Il gioco d’azzardo della finanza da Comunità Militante Perugia;

  • Ultime notizie di Giovanni Bartolone;

  • La commedia dell’arte di Claudio Antonelli;

  • Intervista a Gianfranco Franchi di Antonella Ricciardi;

  • "Buonisti" o "schiavisti" di Antonino Amato;

  • La riconquista del Territorio di Paolo Signorelli;

  • Proporzionale e/o maggioritario di Merimar;

  • Andiamo in guerra di Antonino Amato;

  • Rivincita di Mussolini di Ferruccio Rapetti;

  • Terza Via di Paolo Del Prete;

  • E Salomé disse ad Erode di Antonino Amato;

  • E Berlusconi sparigliò le carte di Antonino Amato;

  • La faccenda sporca dell’Afganistan di Giancarlo Chetoni;

  • Succede a Teramo di Agostino Rabuffo;

  • Qui si sparla di Antonino Amato;

  • L’Italia? Una "democrazia fondata sullo spionaggio" di Antonino Amato;

  • Rubriche varie.



 



L’abbonamento costa 20 Euro, si possono sottoscrivere 5 abbonamenti x 70 Euro, 10 abbonamenti x 130 Euro. Inviare a: conto corrente postale: 10658920 intestato a: Ciaoeuropa, casella postale 82, 92100 Agrigento, Italia.



Si offrono riquadri pubblicitari: x una quantità annua di 6.500 copie Euro 120 (100 + 20 x IVA). Per spazi maggiori sconti adeguati.



Si cercano collaboratori diffusori del periodico "Ciaoeuropa". Darsi presenti a amatoantonino@alice.it.



Per riceverlo nella zona di Perugia contattarci a : controventopg@libero.it

Tempi moderni: diario quotidiano di un giovane precario.

Il lavoro in una società postmoderna ha assunto caratteristiche contrattuali tali da essere impostato in un’ottica precaria, non si ottiene un lavoro per ottenere una qualifica, un futuro, si cerca e si ottiene in misura sempre crescente a tempo, appunto precario. Le parole d’ordine impostate dalla sinistra governativa usate in campagna elettorale tese a dare speranza, saranno facilmente disattese con buona pace della sinistra radicale. D’altro canto bisogna solo accontentare gli uomini forti legati ai loro padroni, Prodi e non solo uomini di fiducia della Goldman & Sachs, fatti che i lettori conoscono bene, ciò che in pochi conoscono sono le realtà lavorative fattuali, ovvero i lavori presenti. Come si lavora e quali siano le logiche lavorative che caratterizzano il lavoro stesso, pochi giornalisti o scrittori hanno dedicato opere letterarie o incontri, tavole rotonde sull’argomento. L’unica eccezione in questo vuoto culturale è rappresentata dalla letteratura dominata dai racconti sui call center (altra realtà infelice), sulla vita di adesso in cui il lavoro è un altro aspetto tra i tanti di precarietà crescenti. Memorabili in questo senso sono stati il libro: ”Quando scadi ?” scritto da autori vari e con prefazione di Nichi Vendola e la pièce teatrale chiamata: ”Call center e la rivoluzione“ di Ascanio Celestini. Fanno riflettere entrambe le opere sulla tristezza di questi lavoratori giovani e meno giovani senza prospettive, in questo panorama culturale però nessuno si è occupato dei lavoratori precari delle catene multinazionali commerciali. Nessun letterato ma anche nessun giornalista presunto o sedicente si è mai degnato di scrivere un capoverso, si sono sprecate le opere contro MacDonalds e negli Stati Uniti nord americani le inchieste su Wall Mart, in Europa e in Italia c’è un buco spaventoso sulla conoscenza di queste realtà. Il titolo è già eloquente, il toyotismo o ohnismo è un sistema di produzione inventato in Giappone da Tahichi Ohno nel dopoguerra. Fu una rivoluzione produttiva tesa ad eliminare tutti i problemi logistici cercando di razionalizzare i depositi, si impose di eliminare e non tenere a disposizione scorte inutilizzate cercando di produrre beni in piccola serie evitando spese di riparazione. In Italia, come in tutta l’Europa, questo modello produttivo è arrivato sottoforma del mito del deposito zero e del tutto al momento giusto; ormai le spese di certe catene commerciali adottano questa strategia che porta anche ad evitare spese di riparazione dopo un ciclo di gestione e di produzione di circa tre anni, un’altra di caratteristica di questo modello di produzione è l’eliminazione di ogni logica di diritto sindacale di base e premiazione continua di elementi giudicati validi e produttivi isolando elementi problematici giudicati come asociali; per creare questa perversa logica si cerca di creare uno spirito pseudo patriottico teso a sviluppare nei lavoratori, la convinzione di lavorare per una sorta di seconda patria, il mito di essere parte di una squadra e tenutari di una missione nobile. Un metodo pratico per creare il mito di una squadra è creare una socialità fittizia, creare degli eventi è un modo per ridurre la vita dei lavoratori alla vita dell’azienda. Queste prospettive lavorative sono state importate in Europa con mezzi e criteri adattati alla realtà attuale, uno di questi esempi è dato dall’azienda multinazionale francese Decathlon, azienda con esperienza in Italia che risale al 1992 nel settore della vendita a prezzi pseudo modici in materiale sportivo. In quest’azienda tutti i lavoratori sono giovani e hanno contratti a termine, gli unici possessori di contratti a tempo indeterminato sono i responsabili “universo”, nome utilizzato per designare coloro che gestiscono un determinato settore di vendita. In questa prima distinzione si delinea già una differenza marcata tra categorie di lavoratori, gli uni precari e studenti, gli altri con un contratto migliore e ignoranti come le capre. Potrà sembrare una boutade ma è il gioco su cui si basa la forza dell’azienda, negli ultimi anni dopo aver privilegiato responsabili laureati o comunque in grado di interagire in modo sincero, sia pure di facciata con i giovani precari, adesso si assumono responsabili con un infimo livello di cultura generale e quindi plasmabili dai piani alti. Per piani alti si intendono i responsabili regione e i direttori degli aspetti comunicativi dell’azienda stessa, è facile accorgersi della miseria culturale di questi pseudo capi, consiglio ai lettori di provarci. Entrate in un negozio Decathlon rivolgetevi ad un responsabile chiedetegli qualcosa con un vocabolario diverso dall’italiano televisivo attuale. Bene, è difficile che capisca e che sappia rispondervi, in compenso elogerà la sua squadra ovvero i suoi sottoposti, termine che è bandito all’interno dell’azienda (pena richiamo e poi licenziamento) in quanto si è membri di una squadra… E’ una squadra strana perché se ci sono progressioni di vendite gli elogi e gli encomi vanno esclusivamente ai responsabili, i venditori hanno solo colpe e difetti, possono solo migliorare; questo è un aspetto del toyotismo in salsa burocratica, si distribuiscono elogi ed encomi ma solo a coloro che occupano già posti di responsabilità, chiunque non abbia un posto di responsabilità è meglio che non ci speri mai perché di fatto non si cresce in azienda. Mi spiego meglio, encomi e promozioni vanno solo ai responsabili, i venditori sono solo un gruppo di lavoratori giovani da combattere, disprezzare ma anche al medesimo tempo da ingraziare. In 1984 di George Orwell il grande fratello elargiva ai propri sudditi come mezzo di stordimento il gin Vittoria, qui ci sono due gite chiamate uscite sportive alle quali chi non partecipa viene segnalato come eventuale elemento di disturbo per la squadra. Procedimento che si ripropone in occasione delle ore di lavoro non pagate, ci sono serate di preparazione ad alcuni eventi commerciali nelle quali di fatto si lavora spiegando che tipo di strategia adottare come muoversi… Queste ore sono extralavorative e si è precettati, chi non partecipa gli verranno imposte orari spiacevoli. Tutto per l’azienda! Il mito toyotista del magazzino zero è stato applicato in modo esemplare, ciò che si può comprare e ciò che si vede esposto e niente di più. Questo è il clima di un’azienda molto conosciuta in Italia e nel mondo, un modo di gestione commerciale toyotista appunto. I venditori si trovano appunto sotto due fuochi contrapposti, da un lato sono vituperati e bistrattati in quanto il loro operato non è mai sufficiente e possono essere definiti come i nipoti scemi della NKVD, dall’altro sono portati quasi alle lacrime dalle continue ed assordanti richieste di un’umanità bassa e laida che frequenta questi plessi. Un’umanità che passa le sue giornate in non luoghi come questi, dimenticandosi ad esempio del passare delle ore e che soddisfa le sue frustrazioni nel più becero consumismo, stressando i venditori torturandoli verbalmente se non si trova quel tipo di logo da loro cercato. In questi plessi commerciali è difficile pensare ad un avvenire migliore soprattutto quando si ha a che fare con la gente . Il popolino ormai, incantato dai film natalizi e stordito da televisione becera, deve solo sorridere e pensare alla propria missione che è quella di rendere lo sport più accessibile. Questa è la missione e bisogna compierla con tutti i mezzi, viene da pensare a che prezzo umanamente parlando si riuscirà a rendere lo sport più accessibile e cosa c’è dietro il sorriso di un venditore. Ebbene dietro il sorriso di un venditore Decathlon vi è una minaccia velata ma presente che si vede dietro i cinici occhi dei servi del capitalismo commerciale più basso, un sorriso purtroppo che vista la non conoscenza dei propri diritti da parte dei giovani basta poco a far rivivere. In fondo ci sarà un’altra festa, non importa che il lavoro sia precario, non importa non avere diritti, una festa farà passare tutto. Questa è una realtà lavorativa, in mondo che si avvia verso un avvenire incerto e in un contesto di disordine globale, c’è da sperare solo in una crisi sistemica che colpisca anche queste attività, allora forse anche i forzati del sorriso torneranno a rivendicare i propri diritti.



Di Dario Giacomo Raffo, pubblicato su Rinascita.