venerdì 31 agosto 2007

Aveva una casa...

Due anni di mutuo prima di essere costretta a vendere, ecco le garanzie del tasso variabile che le banche amano tanto.

"Dopo anni di affitto buttato al vento finalmente decido di comprare la mia prima casa. È la primavera del 2005, i tassi dei mutui sono bassi e le banche li tirano dietro. Trovo una casa piccola ma che amo dal primo momento. Me la compro da sola, con le mie forze e il mio stipendio. La è pari all'affitto mensile che pagavo prima, i conti tornano, ho fatto la scelta giusta. Ma anche un grande errore: opto per un tasso variabile forte delle rassicurazioni delle banche e anche del commercialista, tutti certi che, se oscillazioni ci sarebbero state, il tasso variabile sarebbe sempre risultato più conveniente rispetto a quello fisso. A due anni di distanza la mia rata del mutuo è cresciuta quasi del 50%, passata da poco più di mille euro al mese agli oltre 1.550 dell'ultima pagata qualche giorno fa. Ho chiesto spiegazioni alla banca fin dal primo aumento e hanno continuato a rassicurarmi: «Ha fatto la scelta giusta». La realtà però è che ad ogni mezzo punto di aumento del costo del denaro deciso dalla Bce, la mia banca ha aumentato il mutuo di oltre 80 euro al mese.


Ho letto che ci potrebbe essere un ulteriore aumento del costo del denaro ai primi di settembre, il che significa che la prossima rata mi costerà più di 1.600 euro. Francamente mi sembra di essere finita nelle mani di usurai, i quali, essendo ufficialmente banche, sono legalmente autorizzati a decidere rialzi folli a spese della gente onesta. La Lombardia ha stanziato un fondo per i giovani che acquistano la prima casa, ma per ottenere i contributi bisogna essere sposato. E io, anche se trentenne, sono single e non ne ho diritto. Però le tasse le pago ugualmente. Oggi il costo della rata è diventato impossibile da sostenere, ho tagliato tutto quello che potevo tagliare dalle mie altre spese con sacrifici enormi pur di salvare la mia casa. Ma non ce la faccio più, è diventato un costo impossibile. Non ho potuto far altro che vendere la casa, la mia prima casa. Per fortuna ho trovato già l'acquirente che, come me, si è innamorato di quei 40 metri quadri. È l'ultima decisione che avrei voluto prendere, ma l'unica che mi permette di non finire nei guai con il Tribunale che te la porta via."


(Tratto da Repubblica.it)


RIVENDELL 2007.



giovedì 30 agosto 2007

Cosa conta, e cosa no.

Una frase che ci ricorda quanto la nostra vita valga poco se non è infiammata da ideali e sogni nobili, capaci di rendere l’uomo Vir, eroe.


“Coloro che esitano davanti allo sforzo sono coloro la cui anima è ottusa. Un grande ideale dà sempre la forza di dominare il proprio corpo, di soffrire la fatica, la fame, il freddo…la facilità addormenta l’ideale. Niente lo risveglia meglio che la sferza della vita dura: essa ci permette di cogliere le profondità dei doveri da compiere, della missione di cui occorre essere degni. Il resto non conta. La salute non ha alcuna importanza. Non si è sulla terra per mangiare in orario, dormire a tempo opportuno, vivere cent’anni od oltre. Tutto questo è vano e sciocco…l’anima sola conta e deve dominare tutto il resto. Breve o lunga, la vita vale soltanto se noi non avremo da vergognarcene nel momento in cui occorrerà renderla”.


Léon Degrelle


(Tratto dal sito di Azione Tradizionale)

martedì 28 agosto 2007

Bologna Menzogna.

Ventisette anni fa il primo depistaggio a casaccio per incriminare l'area neofascista.


Il 28 agosto 1980 il magistrato bolognese Persico emetteva ventotto mandati di cattura, come si chiamavano allora, contro altrettanti esponenti delle più diverse formazioni politiche della destra radicale, universitari del Msi inclusi. A costruire quella pista, mediante l'utilizzo di un detenuto mitomane, era stato il dirigente dei servizi segreti del ministero degli interni, Russomanno, iscritto alla loggia P2, detenuto a Roma per aver reso pubbliche alcune notizie riservate aiutando così le Brigate Rosse (parliamo del periodo di Moretti e del dopo-Moro...). Iniziava allora una serie di depistaggi, tutti atti a criminalizzare l'estrema destra, che si sarebbero susseguiti per decenni senza che mai nessuno seriamente si mettesse ad indagare sulle motivazioni che avevano addotto i dirigenti dei servizi segreti, opportunamente definiti "deviati", a comportarsi in tal modo. Lo stesso Russomanno non venne punito; i dirigenti del Sismi (servizi di sicurezza militari) che in complicità con i vertici della P2 orchestrarono una messa in scena facendo ritrovare un mitra e dell'esplosivo sul Taranto-Milano per accusare, a seconda del momento, i capi di Terza Posizione o di Avanguardia Nazionale, vennero condannati per calunnia e detenzione di esplosivo. Nessuno però li intgerrogò sul perché del depistaggio né si chiese o chiese loro come mai avessero utilizzato, per quella vergognosa messa in scena, il medesimo esplosivo utilizzato per la strage di Bologna prima che gli esisti della perizia avessero stabilito di quale esplosivo si trattava! Né mai è stato loro domandato come mai quella trappola fosse stata architettata già venti giorni prima che la strage venisse commessa... Nel 1992 un altro mitomane, tal Sinibaldi, riprovò ad accusare Terza Posizione; poco credibile, fu smascherato e ammise di essere stato imboccato dal Sismi. Nessuno ha però proceduto contro i suoi mandanti. Così si comprende perché mai nessuno voglia far luce sulle evidenti prove di falsa testimonianza dello Sparti, falsa testimonianza per la quale - insieme a pure ipotesi dello stupratore e massacratore Izzo - è stato indirettamente condannato Luigi Ciavardini con una sentenza che rende il caso Sacco e Vanzetti un paradigma di Diritto Romano!


Tratto da: www.noreporter.org

domenica 26 agosto 2007

Che sintomi ha? “Stress da T-red”…

Riceviamo e pubblichiamo un'altra e-mail interessante riguardante i T-red. Per inviarci articoli, domande o opinioni scrivete a: controventopg@libero.it.


La vita moderna, si sa, è un’esplosione di frenesia e velocità. Alla stregua di un quadro futurista. Si corre e si prova ansia un po’ per ogni cosa. Normale, dunque, che l’esistenza di ciascuno di noi - chi più chi meno - sia caratterizzata da forme di stress. Meno normale è che in alcuni casi (e, in particolare, in alcune città) tanta parte delle piccole ma logoranti preoccupazioni quotidiane sia legata alla guida. Prendiamo il caso di Perugia. Muoversi in auto - agire obbligato, vista la scarsità dei mezzi pubblici - è un incubo. In un qualunque percorso cittadino si viaggia con un pensiero alle montagne russe e uno al carrozziere: “dribblare” le buche, abbondanti e profonde, non riuscirebbe né a Schumacher né a Maradona. Ma, si sa, i soldi per sistemare le buche non ci sono, servono per altre voragini, più difficili da colmare. Proseguiamo il percorso. Arriviamo ad un semaforo. Tachicardia. Speranza spasmodica che sia rosso. Il timore continuo si chiama t-red, leggasi forma legalmente (?) autorizzata per ripianare (o cercar di ripianare) i danni di una pessima amministrazione. La multa e la decurtazione dei punti inducono una “paura” così grande da diffidare anche dal giallo (non dovrebbe essere così, ma le continue manipolazioni sulla durata del colore intermedio obbligano ad una prudenza ulteriore). Le contravvenzioni per di più sono al limite della fraudolenza: vengono recapitate l’ultimo o il penultimo giorno possibile (ovvero mesi dopo l’infrazione) in modo da non aver nessun valore pedagogico. Al contrario, è possibile che l’inosservanza venga ripetuta più volte, a vantaggio delle casse comunali: se si prende una multa e se ne ha coscienza in termini ragionevoli, si cercherà infatti di non ripetere la trasgressione; viceversa, se l’infrazione è legata a comportamenti abitudinari la si ripeterà fino al giorno della notifica. Ecco allora che la multa può essere accompagnata da una pioggia di consorelle. Questi i pensieri ricorrenti del perugino medio che si mette al volante per le vie della città. È il panico da t-red a cui solo una buona amministrazione (non quella attuale, chiaro) potrebbe porre fine. Con la speranza, nel frattempo, di non essere incappati in una zona a traffico limitato.




"Leva"

giovedì 23 agosto 2007

A proposito di t-red e multe. I cartelli stradali.

Riceviamo e pubblichiamo un'articolo che ci è arrivato via e-mail. Tra T-red, multe, minimetrò e parcheggi a pagamento "illegali" pare proprio che i perugini si siano finalmente stufati. Per inviarci articoli, domande o opinioni scrivete a: controventopg@libero.it.





Sull’arco di Porta S. Susanna che porta a via della Sposa leggo il cartello informativo: “Autorizzati motocicli, diretti hotel”. Rimango perplesso e per via dei Priori incontro due vigili (al femminile. Due belle giovani donne!) e chiedo la interpretazione e me la danno, lucida e convincente: “Per noi l’accesso è permesso ai motocicli e alle automobili, diretti agli hotel”. Insisto nelle mie riserve davanti al fastidio e al dispetto dei vigili. Dico la mia versione: l’accesso è permesso ai motocicli e solo a quelli diretti agli hotel. C’è una trappola nel testo o è una insufficienza del compilatore? Consiglio alle autorità preposte (a cominciare dal senatore - futuro - Chianella) un congresso di filologia. La lingua è fra l’altro una convenzione sociale e il testo di un segnale stradale o di un manifesto deve essere  facilmente e immediatamente leggibile. Intanto vedo che tanti utenti rimangono inchiodati davanti al segnale: essere o non essere… entro o non entro. Di rappresentanti del comune che diano uno straccio di spiegazione neanche l’ombra.



Carmine Varasano

(pluri-multato. Evviva l'amministrazione comunale!)

I SOGNI DEI BAMBINI PALESTINESI.

Si svegliano urlando, con le lenzuola avvolte intorno alle gambe, o, terrorizzati, tremano sotto le coperte: le notti dei bimbi palestinesi sono sconvolte dalla repressione israeliana della rivolta iniziata 10 mesi fa. I loro sonni non sono disturbati da streghe e mostri, ma da elicotteri israeliani, mitragliatrici, soldati in assetto da guerra e carrarmati. Quelli non direttamente esposti ai combattimenti, hanno visto le immagini grafiche del sangue attraverso la televisione. Un ragazzo palestinese sogna di restare decapitato da un missile israeliano mentre torna a casa da scuola, zainetto in spalla. Una bambina 11enne sogna di far esplodere le bombe strette intorno al suo corpo di fronte al primo ministro israeliano Sharon ed al suo predecessore, Barak: I due muoiono dilaniati, mentre lei, miracolosamente, sopravvive. Lo psicologo clinico palestinese dottor Shafiq Masalha ha collezionato circa 300 sogni, stabilendo che il 78% dei bambini palestinesi fanno sogni che hanno a che fare con la politica, mentre il 15% sogna di morire come martire. Il dottor Masalha ha dato a 150 bambini di diversi campi profughi della Cisgiordania, libri da colorare e matite con cui documentare i loro sogni, attraverso il racconto scritto e attraverso il disegno. Ha poi decifrato I quaderni pieni di figure, colorati di rosso e nero, rappresentanti la potenza israeliana contrapposta al coraggio palestinese. Molti di essi si dipingono come eroi, coloro che riusciranno a mettere fine all'occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza. Una bambina 11enne ha sognato di trovare un missile israeliano inesploso e di averlo usato per colpire un insediamento di coloni. "Molti israeliani sono morti nell'attacco. Vedendo il missile che io avevo trovato, la polizia imparo' a costruirne e, ogni notte, con essi, colpivano gli insediamenti, finche' I coloni scapparono", scrive la bimba. Masalha ha detto che molti disegni terminavano con la frase: "Vorremmo essere come tutti gli altri bambini". Lo psicologo sostiene che la miseria causata dall'assedio israeliano e la morte di quasi 570 palestinesi, dozzine di essi adolescenti, spaventano I bambini dei Territori occupati. La televisione contribuisce a dilatare il trauma. Il dottor Iyyad al Sarraj del Centro di Salute mentale di Gaza, ha messo in guardia le autorita' circa la pericolosita', per la salute mentale dei bambini, della messa in onda di scene devastanti in ore non consone. Il campo profughi di Aida, presso Betlemme, e' la casa di centinaia di bambini palestinesi le cui notti sono terrorizzate dalle scene di violenza vissute durante il giorno, nel quotidiano confronto con le forze d'occupazione. La loro scuola e' nei pressi di un sito che conserva le spoglie della matriarca biblica Rachele, ed e' percio' presidiato da militari israeliani. I colpi sparati dai militari colpiscono spesso le pareti della scuola. L'assistente sociale Iman Saleh aiuta I bambini traumatizzati a controllare le loro paure ed insegna loro tecniche di sopravvivenza quali stendersi sul pavimento allorche' la scuola e' presa di mira, o canzoni che li distraggano dal suono delle pallottole. Molte mamme si rivolgono a lei preoccupate del fatto che I loro figli bagnano il letto, non si impegnano abbastanza nello studio, ingaggiano lotte libere a scuola o a casa. Le loro vite sono immerse nella rivolta. "Prima dell'Intifada, la loro vita era quasi normale", sostiene Iman. "Ora vogliono solo giocare a palestinesi contro soldati". Alcuni bambini giocano a lanciare pietre, altri, armati con attrezzi piu' professionali, quali fionde simboleggianti armi automatiche, fingono di essere soldati. Il dottor Sarraj ritiene che I bambini che assistono alle scene di violenza attraverso la TV non sono psicologicamente rovinati, ma turbati e fortemente spaventati. Quelli le cui case sono state demolite dai bulldozers israeliani, che hanno visto gente morire o che hanno avuto lutti in famiglia sono realmente sottoposti a traumi pericolosi. Essi esprimono il trauma attraverso un mutamento del comportamento che si evince da una forma di violenza contro se stessi. Molti sono preoccupati per il loro rendimento scolastico, non riescono a concentrarsi sullo studio e, come sintomo cardinale, soffrono di enuresi notturna. Sarraj, che guida otto centri di igiene mentale a Gaza, ritiene che, se non si corre prontamente ai ripari, questa situazione influenzera' la societa' palestinese di domani.



(Tratto da: www.arabcomint.com)

mercoledì 22 agosto 2007

Fast Food Nation.


È meglio riflettere prima di mangiare un hamburger, perché dietro a ciò che si mangia c'è tutto un sistema che si svela. Questo il messaggio che lancia Richard Linklater (già apprezzato per "School of Rock") nel film "Fast Food Nation", presentato al festival di Cannes e dal 20 luglio nelle sale distribuito da Dnc. L'idea del regista è stata fin dall'inizio quella di analizzare la vita, le persone, gli effetti, l'ambiente, perfino gli animali e tutto ciò che li riguarda, per capire fino a che punto un banalissimo hamburger sia in grado di colpire la salute l'aspetto e la sensibilità della gente.



Emerge il vero volto dell'industria del fast food, con immagini spietate e realistiche che portano conseguenze sull'ambiente, sulla società, sull'economia e sulla cultura umana, tra multinazionali e sfruttamento della mano d'opera, macelli come catene di montaggio e deforestazione selvaggia. La pellicola è molto intensa e, con uno stile drammatico, centra il bersaglio, denunciando con ironia il sistema americano. L'importanza del tema trattato è testimoniata dalla lunga serie di attori che hanno voluto schierarsi e apparire nel film: dal carismatico Bruce Willis che si presta per una sola scena, ma lascia un segno indelebile su tutto il film, a Patricia Arquette, passando per Avril Lavigne e finendo con Ethan Hawke.



Il racconto mette alla berlina tutta la filiera che sta dietro le grandi catene di fast-food americani, produttrici di cibo di enorme consumo ma di scarsissima qualità. Intrecciando tre storie che tra loro si toccano solo in maniera tangenziale, Linklater realizza l'ardua impresa di trarre un lungometraggio dall'omonimo romanzo-inchiesta di Eric Schlosser - coautore della sceneggiatura insieme al regista - trasformandolo in un'opera corale e sfaccettata, interessante anche se a volte appare non del tutto compiuta. Il film inizia con i toni della commedia farsesca e segue le vicende di un bravissimo Greg Kinnear, mentre la linea narrativa di cui è protagonista la brava Catalina Sandino Moreno è di sicuro più drammatica. Decisamente più convincente nella sua paradossale vacuità è la presa di coscienza di un gruppo di adolescenti americani che decide di ribellarsi alla politica di queste multinazionali, arrivando ad ideare una serie di azioni di sabotaggio, che alla fine rivelano però solo tanta superficialità nel loro infantile impegno. Richard Linklater lancia dei veri siluri contro il sistema usando precisi strali accusatori: «Prima regola del marketing, non uccidere il cliente» afferma con pragmatico cinismo don Henderson (Greg Kinnear) che nel film ha il ruolo di executive marketing. Questa affermazione potrebbe essere la chiave del film che, attraverso più storie intrecciate deplora il potere senza scrupoli delle compagnie Usa dei fast food.



La storia prende il via quando don Henderson, il direttore marketing della Mickey's Food Restaurants, abbandona i suoi comodi uffici e parte dalla California del Sud per capire come mai nella carne dei suoi amati hamburger, formato Big One, ci siano capitate delle sostanze tossiche: più esattamente delle feci. Scoprirà così, attraverso il suo lungo e terrificante viaggio nelle industrie-mattatoio, un'America sommersa dove tutto può davvero accadere. Messicani clandestini utilizzati a ritmi infernali nei macelli che forniscono carne ai fast food e scoprirà anche che in quegli hamburger, da lui perfezionati perchè siano sempre più buoni sono davvero presenti delle feci. Si tratta "solo" un incidente di percorso abbastanza comune quando gli intestini degli animali non vengono liberati bene dalle loro carcasse. Ma Henderson scoprirà anche che, in questa America cinica e senza scrupoli, c'è chi teorizza lo sfruttamento dei messicani, ricordando che «guadagnano qui in un giorno quello che in Messico guadagnerebbero in un mese». Mentre dall'altra parte, quella ricca e comoda, sopravvive una gioventù americana velleitariamente rivoluzionaria. Sono ragazzi che continuano a sognare e credono che tutto si possa risolvere aprendo le porte alle mandrie dei mattatoi: ma, poi, temono che questo possa essere considerato un atto terroristico.



Nel finale del film appaiono agghiaccianti le crude immagini dell'uccisione dei buoi nel mattatoio che, probabilmente, spingerebbero a scegliere l'alimentazione vegetariana persino i carnivori più convinti. «L'idea era inizialmente quella di fare un documentario - ha detto il regista - ma poi ho preferito fare un film sui personaggi e la vita che sono intorno ai fast food. Io penso che questo film sia interessante dal punto di vista socio economico culturale anche antropologico: e poi l'imballaggio industriale e il lavoro che c'è intorno mi ha sempre affascinato. Così, ho voluto fare un film intorno a quel lavoro e a tutto ciò che c'è dietro. Il modo in cui scegli di mostrare la gente che lavora, che c'è dietro un pasto al fast food, ti porta a creare una definizione precisa di chi siano in realtà queste persone, persone che di solito nessuno vede e spero che la gente dopo averci fatto caso dica: "Ehi, questo proprio non lo sapevo!".



(Tratto dal libro denuncia-inchiesta di Eric Schlosser)



Per capire come funzionano tutte le grandi industrie dei fast food, clicca qui.

martedì 21 agosto 2007

Scrivi a Luigi!

Luigi Ciavardini sta scontando da INNOCENTE una condanna definitiva a 30 anni di reclusione nel carcere di Napoli per la Strage di Bologna. E' importantissimo che ognuno di noi faccia il possibile e anche l'impossibile affinchè Luigi senta che tutti noi gli stiamo vicino. E' ora di fare qualcosa di concreto, per la giustizia, per la verità.






“Vorrei salutare affettuosamente tutti quelli che, in un momento così difficile, continuano ad essermi vicini, scrivendomi lettere o manifestandomi in altri modi una solidarietà sincera e disinteressata. Il modo migliore di ringraziarvi è quello di continuare a reagire con compostezza e dignità ad una situazione sì ingiusta ma che è destinata a chiarirsi presto, inevitabilmente. Chi sperava che le mie disgrazie recenti, improvvise ed inaspettate, mi avrebbero abbattuto, risolvendo magari qualche problema di coscienza, è rimasto deluso. Anche in cella, consegnato ad un trattamento carcerario estremamente duro, continuo a credere nella Giustizia e nell’imparzialità della magistratura romana. Sono innocente, mai come oggi è evidente anche a voi, e la mia serenità sofferta è un atto di rispetto, oggi voluto, verso le istituzioni. Sperando che davvero la legge sia uguale per tutti, anche per uno che ha il passato maledetto di Luigi Ciavardini. Un abbraccio forte a tutti quelli che mi vogliono bene”. LUIGI


domenica 19 agosto 2007

Il gioco d’azzardo della finanza.






Quando l’economia non è la sintesi di un equilibrio armonico tra risorse naturali, iniziativa dell’uomo, il lavoro e il capitale, essa diventa pura speculazione senza scrupoli, cieca incoscienza.



Quando questa è incontrollabile dalla politica, non ridistribuisce equamente la ricchezza prodotta  e va contro le economie degli stati, essa è un detonatore a tempo che sta per esplodere.



Un gioco d’azzardo ad alto rischio in cui l’unico obiettivo primario è il profitto ad ogni costo fatto  senza sudare che mette a repentaglio i risparmi e gli enormi sacrifici di una vita e l’economia reale.



Questa è l’economia finanziaria del mercato globale, un’invenzione fatta dai grandi usurai senza patria che non è altro che un’esaltazione dell’egoismo umano a danno delle comunità nazionali e popolari che genera solo disastri umani, economici, sociali e ambientali. 



Nel nostro diario di rete avevamo già affrontato il tema dei meccanismi occulti dell’economia finanziaria e ne avevamo rilevato i pericoli. Già i primi segnali dei rischi si ebbero nella devastante  crisi del 1929 (vedi video). Poi sono continuati  tra il 1995 e il 2000, e si è prodotta negli Usa una  bolla speculativa azionaria (il valore delle azioni era sopra stimato e non reale) che si è estesa a tutto il pianeta  a causa del suo grande impatto sull’economia mondiale, in Italia tutti ricordano i disastri provocati dai bond cirio e parmalat.



Come se ciò non bastasse gli effetti negativi della speculazione finanziaria continuano imperterriti ancora a procurare guasti economici incalcolabili.



I recenti fatti dei mutui Usa hanno confermato le nostre previsioni. Ma cosa è successo nei mercati americani?



Cercheremo, in un linguaggio semplice, di spiegare cosa sta succedendo con i mutui Usa.



Negli Stati Uniti sono stati erogati i cosiddetti mutui subprime, cioè prestiti concessi a clienti con bassi requisiti di solvibilità.



Le Banche per finanziare questi mutui hanno emesso obbligazioni ad alto rendimento per cui ad alto rischio, i bond. Queste obbligazioni  sono state inserite in pacchetti non sempre trasparenti, sono state vendute e acquistate nel mondo da banche e da fondi d’investimento specializzati.



Praticamente alle prime difficoltà dei clienti di pagare il mutuo, la ricaduta ha prodotto l’effetto domino, si è riflessa  sul timore di un crollo del valore delle obbligazioni e a cascata precipitosa,  si è avuta la crisi delle banche e dei fondi d’investimento che hanno acquistato questi prodotti finanziari e delle borse mondiali.



In concreto gli effetti negativi si sono fatti sentire pesantemente subito sulle borse del mondo.



Una bufera economica gigante che non sarà facilmente arginata ed assorbita rapidamente.



In particolare si calcola che solo negli Usa si sono avute finora perdite per 100 miliardi di dollari con ricadute sulle economie reali planetarie devastanti.



In Italia  questa crisi americana inciderà con un calo del prodotto interno lordo nazionale di circa lo 0,2% e di riflesso sulle famiglie con un carico di spese di circa €.290,00. Mentre in Umbria per il momento si sono bruciati 900 milioni di euro.  Da notare che in un momento poco felice della nostra economia nazionale questa ulteriore batosta non ci voleva.



Questa crisi ha dell’assurdo, si è permesso di speculare senza precauzioni, si sono concessi finanziamenti senza garanzie reali per cui si sono venduti prodotti finanziari dal valore reale di zero, si sono bruciati ingenti capitali di tanti piccoli risparmiatori e aggravato i bilanci familiari di tutti senza che nessuno abbia controllato preventivamente (agenzie di rating), e punito gli artefici di questa truffa legalizzata. Ma ciò che è più grave, si è taciuta la verità.



Mi chiedo come ci si possa ancora fidare del mercato finanziario globale, e cosa ci dobbiamo ancora aspettare da questo innaturale gioco d’azzardo, quando gli strumenti finanziari come i prodotti derivati incriminati sono investimenti poco trasparenti, che pochi esperti capiscono fino in fondo, che molti temono, ma su cui tutti investono ed usano spregiudicatamente nonostante i rischi devastanti.



Un’ insana vocazione umana all’autodistruzione? L’irresistibile bramosia dell’avere? 



Ma il mondo delle apparenze e delle maschere è fatto di incoscienti e di sconsiderati dove i profittatori ed i disonesti sono i guru, e i maestri  poveri falliti.



Un ribaltamento dei valori che è il segno dei tempi ed il frutto della mentalità giudaica-americana, impostaci ed accettata passivamente da sessantadue anni da questi maledetti “liberatori”.



Un delirio di potenza disgregatrice senza limiti che va contro ogni concetto di saggia civiltà.



Danni incalcolabili prodotti da pochi cinici profittatori senza volto, senza regole, senza patria, che disponendo di immensi capitali, stabiliscono in pratica gli indici e i listini, le fortune e le sfortune delle aziende quotate in borsa.



Gli unici a ricavarne ingenti guadagni, gli unici che attraverso il controllo della borsa planetaria e quindi delle risorse energetiche primarie detengono il dominio del mondo senza essere stati mai eletti.



Morale: Nel mercato globale,  guadagnano sempre e molto i grandi usurai del denaro, poco i piccoli risparmiatori e quel poco beneficio non è mai decisivo, anzi viene fatto sulle disgrazie finanziarie di altri.



Per cui ci raccomandiamo, prima di prendere qualsiasi decisione economica, ricordate che occorrono anni di duro lavoro e di sacrifici per essere parsimoniosi, ma per bruciare i vostri grandi sacrifici, con investimenti speculativi, solamente un attimo.



Diffidate, diffidate, di chi vi propone investimenti dagli alti tassi di rendimento, dai facili guadagni e veloci profitti, alto è il rischio, grande l’opportunità di vedere svanire tutta la parsimonia di una vita.



In fondo la differenza sostanziale che è una scelta di vita sta nel credere che il mercato globale finanziario, al contrario di oggi, debba comunque essere soggetto a rigorosi controlli, dare sicure garanzie agli investitori. Per questo uno stato serio deve vigilare che gli investimenti debbano essere chiari e trasparenti,  mai fatti a danno e contro l’economia reale nazionale.



Chi l’ha stabilito che l’economia speculativa finanziaria così strutturata sia benefica per l’uomo e, come crediamo, non sia invece nociva per la sua esistenza  e per il pianeta? I fatti e la saggezza ci portano alla dura realtà e a non abbassare la guardia contro gli azzardi e gli eccessi del mercato finanziario speculativo.  Come ben evidenziava Pound viviamo in: “Un sistema economico in cui è più proficuo produrre fucili per fare a pezzi gli uomini, che coltivare il grano o costruire macchine utili; è un oltraggio e chi lo sostiene è nemico dell’umanità”.



Un sistema che ci fa credere che è preferibile distruggere una sovrapproduzione di arance piuttosto che abbassare il prezzo delle stesse o che esse non possano essere destinate a nutrire chi ne ha bisogno è osceno e poco credibile e destinato alla fine. 



Saremo “nostalgici dirigisti”, ma dei criminali finanziari senza scrupoli diffidiamo altamente.



Questi faccendieri, mestatori apolidi  creano agli altri ovunque macerie dall’ombra, pretendono di essere gli unici detentori della verità, non pagano mai per queste malefatte banditesche, e, quello che è più pericoloso, vogliono essere loro a gestire politicamente le ferite che essi stessi hanno prodotto generando ulteriori mali.



Il punto che è non può esistere un’economia finanziaria buona con una cattiva etica e che nessuno stato possa continuare a tacere la verità delle cose. 



Ci siamo chiesti perché ciò possa avvenire? E’ scandaloso come i mass media asserviti non diano informazioni precise, come si minimizzino le incombenti minacce, si faccia passare sotto silenzio le notizie scomode. Si vuole che gli uomini siano ignari, asserviti e acritici a questo logica perversa.



Ma cosa ci dobbiamo aspettare quando anche i politici sono i camerieri del grande capitale?



Solo una nuova coscienza popolare diffusa che deve nascere dal basso potrà cambiare in meglio le cose e pretendere, come affermava Pound, che lo Stato si riappropri delle proprie prerogative e ridiventi libero:



“Quando lo stato capisce i propri doveri e poteri non lascia la sua sovranità nelle mani degli interessi privati che sono irresponsabili o si arrogano responsabilità non autorizzate.”  



Noi vi abbiamo avvisato dei pericoli e dell’insidia occulta del mercato finanziario globale, fatene tesoro. Risparmiatore avvisato, risparmiatore salvato.



Mussolini disse: “Dalla terra tutto il bene”, noi aggiungiamo: “Dal mercato finanziario speculativo tutto il male”. Fin quando qualcuno farà  opera di controinformazione attiva, la lotta del sangue contro l’oro continuerà; in fondo: "Le rivoluzioni nascono dalla cima. Sono causate da ciò che c’è di più marcio alla cima, ma è la presa di coscienza popolare che le realizza" (Pound).



In questa decisiva battaglia fra sovranità nazionale e usurai apolidi bisogna obbligatoriamente schierarsi. O si sta da una parte o dall’altra.



Gli indifferenti non hanno mai fatto la storia, non hanno mai capito la storia, hanno sempre subito gli eventi della storia.



Comunità Militante Perugia



Libertà d'espressione.

Comunicato del Comitato contro la repressione della libertà di Parola, da poco costituitosi. Pubblichiamo ma confermiamo il nostro scetticismo. (Tratto da: www.noreporter.org)





Il 24 maggio u.s., a pagina 6, il quotidiano “il Riformista” pubblicava un articolo intitolato “Ma la storia è una cosa seria”, a firma Brunello Mantelli. Seppur in ritardo, intendiamo rispondere a tale articolo, correggendo quelle che ci paiono alcune inesattezze e ribattendo a posizioni che riteniamo assai criticabili.

Cominciamo dal tema dell'articolo di Mantelli e dalle inesattezze in esso contenute. Il professore torinese prende le mosse dalla vicenda del Master “Enrico Mattei” in Medio Oriente, che si è tenuto negli ultimi due anni a Teramo portando numerosi studenti e prestigiosi docenti nella piccola università locale. [1] Tale Master s'è subito distinto nel quadro di sempre più grigio conformismo che, dopo il giornalismo, sta occupando anche l'ambito accademico: infatti, la scelta del suo curatore, il professor Claudio Moffa, è stata quella di garantire pieno pluralismo di voci ed opinioni. Così, ad esempio, ha invitato sia l'ambasciatore israeliano Gideon Meir sia quelli siriano e iraniano (rispettivamente, Samir al-Kassim e Abolfazl Zohrevand); sia il giornalista ebreo ma antisionista Israel Shamir, sia il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche in Italia (UCEI) Renzo Gattegna, il quale è invece un convinto sostenitore di Israele. [2] Allo stesso  modo, nel toccare un tema “scomodo” e spesso tabù in Italia – cioè il ruolo che la rimembranza della persecuzione degli Ebrei negli anni '30 e '40 del secolo scorso ha oggi nella politica vicino-orientale – ha invitato a parlare anche Valentina Pisanty, autrice del libro anti-revisionista L'irritante questione delle camere a gas. [3] Forse proprio questo approccio pluralista e scientifico, anziché ideologico, ha fatto sì che il Master “Enrico Mattei” entrasse nel mirino di quelle organizzazioni e di quegl'individui che cercano di creare un “discorso unico” totalitario in Europa. Il pretesto ch'essi hanno utilizzato per sferrare il proprio attacco al Master sono state le attenzioni rivolte a Robert Faurisson. Il professore francese, già docente presso l'Università di Lione II, è conosciuto come uno dei capofila della corrente storiografica revisionista sul cosiddetto “Olocausto”. [4] Durante il convegno “La storia imbavagliata”, organizzato nell'ambito del Master “Enrico Mattei”, è stata proiettata una video-intervista a Faurisson. [5] Dopo di ché, il professor Moffa ha deciso d'invitare Faurisson a tenere fisicamente una lezione presso l'Università di Teramo, dapprima nell'ambito del Master stesso e poi – viste le polemiche montanti – all'interno del suo corso di storia ed istituzioni dei paesi afro-asiatici. Tale lezione è stata impedita prima dalla serrata dell'Università, decisa dal Rettore (con decreto non motivato [6] che ha di fatto provocato l'interruzione di un pubblico servizio); quindi, dopo la sua trasformazione in convegno extra-accademico aperto al pubblico, dall'intervento d'una squadraccia di picchiatori ebrei proveniente da Roma.



(Continua...)

Si ricomincia...

Avanti K.N.L.A.!

Profughi Karen attaccati dall'esercito birmano.




Un gruppo di circa duecento profughi interni di etnia Karen è stato attaccato il 15 agosto da soldati birmani nel distretto di Papun. Non si hanno notizie circa il numero delle vittime dell'attacco. Da circa un anno, da quando il loro villaggio era stato dato alle fiamme dai soldati, i profughi si spostavano frequentemente nella giungla, per evitare di incrociare le truppe del regime. I birmani li hanno trovati nei dintorni del villaggio di Leh Kee. Il villaggio è stato occupato dai soldati e poi incendiato. Ora i profughi si stanno dirigendo verso il confine con la Thailandia, scortati dagli uomini dell'esercito di liberazione Karen. Poche ore dopo l'attacco, i birmani sono stati sottoposti al fuoco di reparti congiunti della guerriglia Karen e Karenni. Dall'inizio di agosto, altri 5 villaggi sono stati attaccati dai birmani nel distretto di Papun, dove i soldati hanno fatto uso di mortai contro la popolazione civile.

venerdì 17 agosto 2007

Attenti al lupo!





"Se le grandi masse fossero così trasparenti, così compatte fin nei singoli atomi come sostiene la propaganda dello Stato, basterebbero tanti poliziotti quanti sono i cani che servono ad un pastore per le sue greggi. Ma le cose stanno diversamente, poichè tra il grigio delle pecore si celano i lupi vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos'è la libertà. E non soltanto questi lupi sono forti in se stessi, c'è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in un branco. E'questo l'incubo dei potenti.”



Ernst Junger



Zitto! Il nemico ti ascolta e ti guarda.







NEW YORK - America sempre più Grande Fratello: l’amministrazione Bush ha approvato un piano per consentire l’accesso ai satelliti spia militari alle agenzie federali che si occupano di lotta alla criminalità comune e all’immigrazione illegali. Alle polizie americane sarà data la possibilità di consultare immagini ottenute dallo spazio grazie a strumentazioni super-sofisticate che permettono di vedere attraverso le nuvole o penetrare edifici e perfino bunker sotterranei. Il programma, approvato dall’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale Mike McConnell, potrebbe diventare operativo in autunno, riportano Washington Post e Wall Street Journal. Finora l’uso delle immagini da satellite era riservate allo spionaggio all’estero. Le fonti dei due quotidiani hanno spiegato la logica dietro la decisione: i nuovi strumenti aiuteranno a meglio combattere una serie di minacce, dall’immigrazione clandestina agli uragani, dal terrorismo agli incendi delle foreste alle rotte dei trafficanti di droga. L’impiego più esteso dei satelliti spia sul territorio nazionale ha suscitato interrogativi sul piano delle libertà individuali e forti proteste di quanti temono che il governo americano abbia una volta di più violato la linea che impedisce l’impiego di strumenti militari nelle attività delle forze di polizia. Kate Martin, direttore del Centro per gli Studi sulla Sicurezza nazionale, ha paragonato l’iniziativa a una sorta di ‘Grande Fratello’ dal cielo: “Vogliono usare su americani queste incredibili risorse costruite per combattere i nemici dell’America”, ha detto la Martin accusando l’amministrazione di voler costruire “mattone dopo mattone” uno “stato di polizia”. Anche se in passato il governo federale ha consentito l’impiego dei satelliti spia per alcune funzioni scientifiche come la creazione di mappe geografiche o la sorveglianza delle attività dei vulcani, la decisione dell’amministrazione consentirà alle forze dell’ordine un accesso senza precedenti a foto ad altissima definizione e in tempo reale. Non solo: secondo un comunicato diffuso dal Ministero della Sicurezza Interna “l’accesso più robusto” del nuovo programma metterà in mano alle polizie federali, statali e locali d’America anche “l’analisi e le capacità di elaborazione della comunità di intelligence”.

Rudolf Hess.

Esattamente 20 anni fa Rudolf Hess moriva "suicidato" nel carcere di Spandau, lì rinchiuso per mezzo secolo dai carcerieri liberal-democratici (vedi alla voce Guantanamo e Abu Ghraib).



Non mi difendo contro accusatori ai quali nego il diritto di accusarmi e di accusare i miei compatrioti.




Non mi difendo contro colpe che interessano gli affari interni della Germania, che non devono riguardare gli stranieri.



Non protesto contro dichiarazioni che toccano il mio onore e l'onore dell'intero Popolo Tedesco: considero anzi tali rimproveri come titolo d'onore. Ho avuto la fortuna di vivere molti anni della mia vita a fianco di uno degli uomini più grandi che il mio popolo abbia espresso nel corso della storia millenaria.



Anche se lo potessi, non vorrei cancellare questo periodo della mia esistenza.



Sono felice ed orgoglioso di aver fatto il mio dovere come Tedesco, come Nazionalsocialista, come fedele al Führer. Non rimpiango niente.



Se dovessi ricominciare agirei nello stesso modo: anche sapendo che alla fine della mia vita mi aspetta il rogo. Poco mi importa di ciò che possono farmi gli uomini. Comparirò davanti all'Onnipotente. E' a lui che debbo rendere conto e so che mi assolverà.



DICHIARAZIONE RESA AL TRIBUNALE DI NORIMBERGA DA RUDOLF HESS.



(Tratto da www.noreporter.org)

giovedì 16 agosto 2007

Dalmazio Birago.

Maresciallo pilota, fu il primo decorato di Medaglia d'oro in Africa. Durante un'azione con un trimotore, scende a mitragliare il nemico. Ma il nemico spara e colpisce l'apparecchio in più parti. Birago stesso è colpito da una palla esplosiva (detta dum-dum) e ha una gamba squarciata. I compagni di volo gli prestano le prime cure; ma egli, straziato da dolori lancinanti, si preoccupa di dare istruzioni per chi lo sostituisce presso i motori. Giungono al campo. Birago è subito curato, ma quel proiettile (proibito dalle norme civili) è mortale. E Birago, inneggiando all'Italia e al Duce, si prepara a morire (18 novembre 1935). Era nato ad Alessandria nel 1908.

QUELLA DISPARITA’ DI GIUDIZIO TRA VIA RASELLA E LA STRAGE DI NASSIRYA.

La Corte di Cassazione, decidendo su una querela che l'ex gappista Bentivegna aveva sporto contro "Il Giornale", ha stabilito, anzi ribadito, che l'attentato compiuto dai partigiani in via Rasella il 24 marzo del 1944, che costò la vita a 33 soldati austriaci e a due civili, "fu un legittimo atto di guerra contro un esercito straniero occupante e diretto unicamente a colpire obiettivi militari". Nè si possono accusare, come fanno alcuni, Bentivegna e i suoi compagni di non essersi consegnati ai tedeschi provocando così la rappresaglia delle Fosse Ardeatine, perché in questo caso, come dice lo storico Giovanni Sabbatucci, "ogni movimento di resistenza sarebbe condannato all'inazione".



Sentenza ineccepibile. Ma non si capisce allora perché l'attacco al nostro comando a Nassirya da parte dei guerriglieri iracheni sia considerato un "atto terroristico" e terroristici siano considerati gli attacchi dei Talebani in Afghanistan che, per espressa disposizione del mullah Omar, sono diretti esclusivamente contro obiettivi militari anche se hanno come conseguenza anche vittime civili ("effetti collaterali" la cui dimensione non è nemmeno lontanamente paragonabile a quelli delle bombe da 900 chili americane). O perché la Procura di Roma abbia aperto una grottesca inchiesta su quel guerrigliero iracheno che, vedendosi volare sulla testa un elicotterista italiano, mitra in pugno, sparò e l'uccise. Non sono anche questi "atti di guerra contro un esercito occupante" come scrive la Cassazione per legittimare l'attentato di via Rasella ? Qual'è la differenza?



Secondo lo storico Nicola Tranfaglia sta nel fatto che "gli ideali partigiani erano gli ideali della democrazia e della libertà".



A parte il fatto che è molto discutibile che gli ideali dei partigiani comunisti, che costituiscono il grosso della resistenza, fossero "gli ideali della democrazia e della libertà", la libertà di cui si tratta in guerra non è quella dell'assetto interno di un Paese, ma è la libertà dall'occupazione dello straniero, comunque motivata.



A meno che non si voglia sostenere che gli Stati democratici hanno il diritto di invadere ed occupare quelli non democratici e che quelle popolazioni, o parte di esse, non hanno diritto di difendere la propria indipendenza. Che è un modo molto autoreferenziale e in definitiva totalitario di guardar le cose, per cui solo la nostra Resistenza è legittima, e va scritta con la maiuscola, quella degli altri invece non lo è, è solo e sempre un'accozzaglia di criminali.



La Corte di Cassazione ha sancito anche che "la rappresaglia delle Fosse Ardeatine fu invece un atto privo di qualsiasi connotato di legittimità". La Cassazione dimentica - o finge di dimenticare - che durante la seconda guerra mondiale vigeva la Convenzione di Ginevra che ammetteva il diritto di rappresaglia per attentati (del tipo di via Rasella ) da parte di formazioni irregolari, partigiane, contro eserciti regolari. I tedeschi la stabilirono nella misura di 10 a uno (dieci furono citati per ogni militare ucciso in operazioni di questo genere). Ma quando gli Alleati occuparono la Germania i Francesi stabilirono un diritto di rappresaglia nella misura di 20 a uno, i russi di 50 a uno, gli americani, sempre grandiosi, di 200 a uno. Se poi queste misure terrificanti non furono di fatto applicate è solo perché nella Germania rasa al suolo non ci fu alcuna Resistenza. E infatti quando nei primi anni Cinquanta fu processato Kappler, e si era più vicino alla guerra e si conoscevano benissimo le sue leggi, il maggiore delle SS non fu condannato per la rappresaglia in sè, ma perché, in un macabro eccesso di zelo, fece fucilare cinque ostaggi in più. E fu condannato all'ergastolo e non alla pena di morte come sarebbe stato giusto e inevitabile se le Fosse Ardeatine fossero state prive di "qualsiasi connotato di legittimità".



È troppo facile giudicare in tempo di pace ciò che accade in tempo di guerra. È troppo comodo fare gli eroi postumi. Mi piacerebbe vedere chi, fra coloro che oggi fan gli eroi, essendo al posto di Kappler o di Priebke, avrebbero osato disubbidire ad un ordine che veniva direttamente da Adolf Hitler. Sì, mi piacerebbe proprio vederli, questi che non osano disubbidire ad un ordine di Cappon, disubbidire ad Hitler.



Di Massimo Fini.

mercoledì 15 agosto 2007

Quando c'era lui...

Quando una vita non basta: “Second Life”.

La tua vita è grama e non sopporti più il lavoro che fai? Tuo marito o tua moglie ti hanno stancato e vorresti fare delle esperienze estreme, ma ti manca il coraggio? Vorresti essere quello che non sei e avere una seconda vita? Bene, a tutto questo, e molto altro ancora c’è “Second Life”: un sito internet che ti permette di ‘incarnare’ un avatar (personaggio virtuale) e fare qualsiasi cosa, anche la più impensabile.

“Molto interessante”, direbbe qualcuno: ma qual è il rovescio della medaglia? Rovescio che vedremo assai inquietante! Si corre il rischio di confondere la propria vita reale con una vita assolutamente finta, di rimanere ‘intrappolati’ in un mondo virtuale e vivere là la propria vita, alienandosi quella reale, certamente molto più complessa e difficile; si rischia di perdere anche quel poco di responsabilità e moralità che ancora ci rimane, perché dentro Second Life tutto è possibile e senza tanti scrupoli; le ore e le giornate intere passate dentro questo mondo possono compromettere le amicizie, il lavoro e tutti i rapporti sociali. Per ultimo, il denaro virtuale che viene usato deve essere prima cambiato con dollari veri… In definitiva si tratta di un attacco diretto e mirato alle coscienze (sempre più ipnotizzate) dei più giovani, un tentativo assai pericoloso di disumanizzazione. Il rischio finale è proprio quello di perdere una parte della propria anima e vivere una pseudo-vita che non ci appartiene!



(Continua...)

Ascolta radio Bandiera Nera!

martedì 14 agosto 2007

Beirut, 14 agosto 2006 - 14 agosto 2007.

Oggi, si festeggia il primo anniversario della vittoria delle milizie Hezbollah e del popolo libanese contro l'aggressore sionista.

lunedì 13 agosto 2007

Popoli.

Proponiamo l'intervista che abbiamo realizzato con Franco Nerozzi, in rappresentanza della Comunità Solidarista Popoli.

"Popoli" è una associazione di aiuto umanitario che si propone di mettere in atto tutte le azioni necessarie per portare aiuto concreto a popolazioni o etnie che, in lotta per la salvaguardia delle loro radici, si trovino in situazioni di particolare disagio.

Leggiamo cosa ci ha detto:






Quando e come nasce la comunità?

La Comunità Solidarista Popoli nasce nel febbraio del 2001, su iniziativa di una decina di vecchi amici.





Da quali esperienze precedenti provengono i suoi componenti?


Alcuni di noi in passato hanno fatto politica, più o meno “ufficiale” in ambienti di destra, o se preferite “neofascisti”. Qualcuno aveva aderito al MSI, qualcun altro ne era stato anche espulso. Altri non erano mai entrati in una sede del partito ma magari erano sempre in piazza in occasione di manifestazioni e volantinaggi. Insomma, esperienze diverse, ma tutte vissute nello stesso contesto. Va sottolineato però che in “Popoli” vi sono anche persone che provengono da esperienze assolutamente lontane e distinte da quelle appena descritte. Insomma c’è anche gente che di politica non si è mai molto interessata.





Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a creare una associazione di aiuto umanitario?

Posso parlare per il gruppo che ha fondato la Comunità: abbiamo sentito l’impellente bisogno di agire, di trasformare in fatti le tante e nobili idee di cui ci eravamo nutriti per molti anni. E guardandoci intorno ci siamo resi conto che una strada da prendere poteva essere quella dell’aiuto umanitario “selezionato”.





Come selezionate i vostri “obiettivi”? In particolare, cosa ha attirato la vostra attenzione sul popolo Karen?

Io ho conosciuto i Karen nel 1994, mentre mi trovavo nella giungla birmana per realizzare un reportage giornalistico sulla loro lunghissima e ignorata lotta di liberazione. In quel momento i Karen stavano respingendo, pagando un alto tributo di sangue, una decisa offensiva dei birmani contro la loro roccaforte (che sarebbe poi caduta di lì a pochi mesi). Venni colpito dalla straordinaria indole di questa gente, dal suo coraggio, dalla tenacia con cui resisteva ad uno dei più forti eserciti del Sud Est Asiatico. Sempre cordiali, sempre fieri. E soprattutto sempre intransigenti nel rispetto di principi fondamentali. L’identità innanzitutto, la Terra, gli antenati, la Libertà. E il rifiuto di scendere a patti con chi cercava di comprarli attraverso fiumi di denaro prodotti dai traffici di droga. Credo che questo risponda anche alla prima parte della domanda: selezioniamo i nostri interventi sulla base di convinzioni etiche e politiche che ci fanno riconoscere come “amiche” alcune comunità umane che apparentemente, e solo ad una analisi superficiale, sembrerebbero così lontane da noi.





Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate durante le vostre missioni?

Va subito chiarito che le nostre missioni sono clandestine, avvengono cioè senza alcuna autorizzazione da parte delle autorità birmane. Questo è ovvio, dal momento che il regime birmano vuole annientare il popolo Karen e distruggere le sue forze di resistenza. Noi riconosciamo come unica autorità nelle aree di guerra in cui operiamo quella dell’Esercito di Liberazione Nazionale Karen (KNLA) e del suo braccio politico (KNU). Questo fa si che le missioni di “Popoli” siano condotte sempre un po’ sul filo del rasoio: ad esempio, gli spostamenti tra un villaggio e l’altro, necessari affinché i nostri medici possano visitare la popolazione locale, sono ad alto rischio di imboscata. In qualche occasione ci siamo dovuti spostare molto velocemente da questi villaggi a causa di attacchi dell’esercito birmano.





Avete rapporti con altre organizzazioni? E rapporti istituzionali, in Italia o all'estero?

Data la non appartenenza di “Popoli” alla famiglia delle organizzazioni “buone” (quelle cioè in cui si fa pubblica testimonianza di fede antifascista, pacifista, liberaldemocratica o marxista), le nostre relazioni con altre associazioni e con le istituzioni sono un po’ freddine. Ci sono chiaramente delle eccezioni, nate da rapporti costruiti sul campo, dove quel che conta è la serietà del lavoro svolto, la franchezza e la correttezza personale, la condivisione del progetto, e non le stantie appartenenze a questo o a quello schieramento politico.





Cosa può fare concretamente chi intende sostenere le vostre iniziative?


Sarò schietto, e per questo brutale. Chi vuole veramente aiutarci deve mettere in atto tutte quelle iniziative utili alla raccolta di fondi necessari al proseguimento della nostra attività. “Popoli” non è una associazione culturale, o un centro studi che può permettersi di attendere l’arrivo di fondi prima di organizzare una conferenza o un dibattito. La Comunità ha dato inizio ad un impegno che non può essere interrotto, perché della gente che lotta per sopravvivere (12.500 persone per la precisione) ottiene fondamentali cure sanitarie soltanto grazie al nostro intervento. Questo significa dover raccogliere ogni anno circa 40.000 euro per garantire il proseguimento dei progetti. Cene di beneficenza, concerti con incasso devoluto a “Popoli”, serate di presentazione della Comunità con raccolta fondi, sono iniziative di estrema utilità. Con la garanzia che tutto il denaro raccolto finisce direttamente nei progetti, dal momento che tutti i membri di “Popoli” sono volontari al cento per cento, e cioè nessuno di questi percepisce uno stipendio.





Quali sono le prospettive future di Popoli?

Questa risposta è legata alla precedente, nel senso che le prospettive future dipendono dai fondi a disposizione. Sarebbe nostra intenzione aprire un nuovo progetto nel Libano così duramente colpito dall’aggressione sionista e portare finalmente a compimento la ristrutturazione della clinica “Ahmad Shah Massoud” nella Valle del Panjshir, in Afghanistan.





“100% identità”; nel mondo c'è ancora chi lotta per le proprie radici. C'è speranza anche per il nostro “occidente” di tornare ad una visione più tradizionale della società?

Sarei tentato di non rispondere a simile complessa domanda. Confesso di essere molto pessimista riguardo ad un possibile recupero di punti di riferimento tradizionali in una società così profondamente colpita dal cancro e dalle sue metastasi. Ciò non toglie che proprio grazie all’esempio fornito da quei popoli che ancora si battono per il mantenimento delle proprie radici potrebbero diffondersi stimoli in tal senso. Credo che persino i “guru” della società globalizzata, nel loro intimo si stiano rendendo conto di quanti e quali squilibri certe teorie abbiano causato una volta applicate. Ma dovremmo innanzitutto chiederci: quali sono le nostre radici? E anche qui si aprirebbe un dibattito complesso che coinvolgerebbe anche gli appartenenti ad un’area che in linea di principio è pronta a battersi per un generico ritorno alla tradizione. Salvo poi dividersi sullo specifico. Personalmente, ad esempio, ho serie perplessità (per usare un eufemismo) sulle cosiddette radici “giudaico-cristiane” dell’Europa…



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Ricordo del professor Giacinto Auriti, nell’anniversario della morte.

L’anniversario della morte del professor Giacinto Auriti ricorda a tutti noi l’importanza delle sue battaglie e, soprattutto, la lotta decisa, continua ed inflessibile da portare avanti, senza titubanze, per la proprietà popolare della moneta.

Tuttavia il momento storico che stiamo vivendo impone una seria riflessione a 360° su quelle che sono le soluzioni radicali realizzate e costruite sapientemente nel tempo dal professore, nonché i rischi, da lui prospettati, che trovano riscontro nella drammatica realtà.

Un primo punto da porre all’attenzione di tutti è che il modo migliore per alimentare e sostenere con vigore le sue idee deve trovare, necessariamente, una azione coordinata in grado di penetrare con efficacia nelle nostre comunità.

Sappiamo quanto sia dura divulgare e soprattutto convincere i cittadini della bontà delle teorie di Auriti, ma tutto questo lo sarà ancora di più se non affronteremo il problema con una compattezza tale da non sperperarle, ovvero disperderle ingenuamente.

In tal senso, oltre a denunciare sistematicamente il malaffare dell’alta finanza internazionale che ogni giorno produce danni incalcolabili alla nostra moribonda economia, occorre nello stesso tempo elaborare delle linee programmatiche, largamente condivise, che spronino tutti coloro che sono realmente motivati a proseguire quel lungo cammino intrapreso con coraggio e dedizione da don Giacinto.



In buona sostanza noi faremo il nostro dovere nel momento in cui il professore vivrà in noi per 365 giorni l’anno e non limitatamente al periodo in cui, giustamente, si ricorda la sua dipartita verso le verdi praterie del paradiso; in secondo luogo bisogna, altresì, serrare i ranghi per reggere la lunga e impervia salita che stiamo percorrendo, densa di insidie ed avversità che vogliono, in tutti i modi, sbarrare la nostra strada, che mira, questo non dobbiamo mai dimenticarcelo, a costruire un futuro migliore per noi e per i nostri figli.

Quello che ci sentiamo di dire è di raccogliere tutte le esperienze a nostra disposizione per formare ed allargare le nostre fila, trovando con maggiore assiduità luoghi e momenti utili per incontrarci e soprattutto di rendere consapevoli le nuove generazioni della centralità del problema monetario; sono proprio loro quelle che dovranno sopportare, più di tutte, l’urto di una società finanziariamente ed economicamente più debole che in passato.

Dunque apriamo le porte ai giovani, diamo loro la possibilità di conoscere ed approfondire le sacrosante teorie di Auriti.

E’ necessario, in poche parole, come suoleva dire il nostro professore, una rivoluzione culturale che, se fatta con costanza, può dare, in  prospettiva, i suoi frutti: seminare con dovizia oggi, significa raccogliere bene domani.



Ad Auriti diciamo semplicemente grazie per la luce del suo pensiero che illumina ed illuminerà sempre le nostre esistenze legate, indissolubilmente, ai suoi grandi ed insostituibili insegnamenti.


(Articolo di Gianluigi Mucciaccio, tratto dal sito www.effedieffe.com)

Da Perugia a Roma (Parte 3 ed ultima)


PARTENZA



Dopo una notte d'attesa, giunge finalmente l'ordine di partenza. Sotto il pallido sole autunnale i manipoli s'inquadrano nella piazza XXVIII Ottobre; Italo Balbo li passa in rivista. Le musiche suonano l'inno << Giovinezza >>. Due fitte ali di popolo salutano commosse, con l'angoscia dipinta in volto per il destino dei parenti e degli amici. Dall'automobile del comando di Legione, attrezzata con una lucida mitragliatrice << Schwarzlose >>, saluto gli amici che restano. Romba il motore, e sulla macchina in moto cade una pioggia di fiori dalle finestre. Alla stazione ci consegnano i viveri, e la << Perugina >> distribuisce le cioccolate. I reparti fascisti salgono in treno. Il Comando di Legione, costituito di cinque automobili fila velocemente verso Foligno dove sono concentrate anche altre Legioni Toscane. Verso mezzanotte, alle milizie adunate sulla piazza, parla Michele Bianchi, annunciando che il Re ha incaricato Mussolini del nuovo Gabinetto. Il Decreto di stato d'assedio, presentatogli da Facta, è stato respinto! Indescrivibile è l'esultanza della folla. Dopo brevi ore di riposo, la mattina segunte viene ripresa la marcia, seguendo la macchina del Generale De Bono. A Terni breve sosta per la colazione. Ogni paese è in festa: le bandiere sventolano al nostro passaggio, la gente applaude e saluta. In vista di Roma la mitragliatrice crepita a salve in segno d'allegrezza. Nel tramonto violaceo si profila graziosamente la Cupola di S. Pietro.



<< CAPUT MUNDI >>



Monterotondo: richiamo a un'epopea che oggi è leggenda! Anche mio padre, alla mia eta, aveva combattutto su quelle colline con Garibaldi; io fui orgoglioso di rinnovare il mito degli scamiciati! Il sole era scomparso quando varcammo i reticolati dello sbarramento: eravamo a Roma.

Primo pensiero fu quello di precipitarci sul quartiere di San Lorenzo, dove il comunismo aveva piantato le sue luride tende. Ma in fondo a piazza dei Cinquecento era gia teso un cordone, ed avanti ad esso l'on. Capanni si sbracciava per indurci a desistere dal nostro poposito. Ci preoccupammo allora di provvedere agli alloggiamenti per la legione che ci seguiva, e che giunse in treno durante la notte. Sulla salita di Magnanapoli incontrai mio fratello, capitano d'artiglieria, ch'era in servizio di picchetto armato. Nulla poteva essere di più commovente. Piangemmo insieme. E mentr'egli mi narrava quali fossero gli ordini per l'eventuale difesa di Roma, contro l'attacco fascista, io pensavo quasi tremando, che senza l'amore del Sovrano per il suo popolo, per colpa di un governo testardo ed idiota, forse mio fratello avrebbe ordinato il fuoco contro di me, come io avrei potuto rendermi involontariamente fraticida!...



("Da Perugia a Roma" di Giorgio Tiberi)

domenica 12 agosto 2007

Pensieri in tempesta.

Penso alla Rivoluzione.



Penso continuamente alla Rivoluzione  interiore
Rivoluzione dell' animo

Penso continuamente alla Rivoluzione 

Contro i senza identità

Privi di ogni iniziativa volontaria

Penso continuamente alla Rivoluzione

Contro ogni novità del mondo moderno

Inutile modello

Penso Continuamente alla Rivoluzione

Contro i residui di chi è sceso a compromessi

Applico la rivoluzione

Su me stesso

Prima grande guerra

Contro noi stessi



Tratto da: www.avampostodicivilta.com


sabato 11 agosto 2007

Sui muri!

Facili profeti.

La mazzata arriva puntuale. La Banca centrale europea (Bce) lancia l’allarme e afferma che l’Europa rischia di essere contagiata dalla crisi dei mutui subprime che ha colpito gli Stati Uniti, soprattutto per quanto riguarda le emissioni utilizzate per finanziare “le attività di acquisizione che utilizzano la leva del capitale di prestito”. E dunque, ieri, è scattato un “intervento di emergenza” da parte della Banca centrale europea, che ha immesso in circolazione un gigantesco ammontare di extra liquidità di oltre 94 miliardi di euro “per assicurare condizioni ordinate al mercato della moneta dell’area dell’euro”.

Non solo. La Bce ha ribadito ancora una volta che occorre “vigilare con molta attenzione per evitare che si concretizzino rischi per la stabilità dei prezzi nel medio periodo”. La formula usata dal bollettino di agosto dell’istituto di Francoforte rispecchia quella già usata al termine dell'ultimo direttivo, quando si è deciso di lasciare i tassi invariati al 4%, aprendo la porta a un rialzo di un quarto di punto a settembre.

Con buona pace di vari rapporti Nomisma che stanno tentando di infondere fiducia sul mercato immobiliare italiano, completamente fermo, la situazione per i cittadini italiani si fa sempre più dura e il rischio della bolla immobiliare, denunciato da questo giornale già da tempo, è un’ipotesi più che realistica.

Lo stanno provando sulla propria pelle tutti quei cittadini che, “consigliati” dai loro istituti di credito, hanno contratto negli anni scorsi muti a tasso variabile per importi molto elevati. Negli Stati Uniti, dove addirittura è completamente fermo il settore delle nuove costruzioni, nell’ultima settimana di luglio si è verificata una serie senza precedenti di fallimenti o salvataggi di banche, hedge funds e altri istituti coinvolti nel mercato ipotecario.

La situazione è grave e l’Europa rischia grosso. Il sistema, dopato da speculazioni e studi non veritieri, sta per grippare. Politici, stampa, costruttori, immobiliaristi e istituti di ricerca reagiscono nascondendo la verità e parlando di “assestamenti del mercato” o di fattori stagionali. L’obiettivo è immettere sul mercato grosse dosi di fiducia in modo che i cittadini ritornino ad acquistare. Non si fanno, però, i conti con la realtà: gli italiani stanno sempre peggio e rinunciano anche alle vacanze.



(Articolo di Carlo Lupo, tratto da www.rinascita.info)

venerdì 10 agosto 2007

L'america secondo i numeri.

Gli USA sono al primo posto solo nelle armi, nello spendere, nell’indebitarsi, nell’illudersi e ovviamete nell'ingrassare!


Il concetto più radicato nello spirito americano è che gli USA sono “il numero 1”, “i più grandi”. Radio, televisione e giornali non sono altro, in sostanza, che la pubblicità continua della marca “L’America è il n. 1”. Qualunque aspirante alla vita pubblica che affermasse il contrario sarebbe sicuramente destinato al suicidio politico. Chi osa affermare il contrario viene subito classificato come “non-americano”. “Siamo un impero o no?” Certo che si. Però un impero senza base produttiva. Un impero che, per funzionare, deve chiedere in prestito, ogni giorno, due miliardi di dollari proprio ai suoi concorrenti. Però l’illusione non muore mai. Siamo il numero 1. Beh… veramente ecco il paese reale in cui viviamo:




Gli Stati Uniti si trovano al 49esimo posto nel mondo in quanto a diffusione dell’alfabetismo; (New York Times, 12 dicembre 2004).


Nel campo delle conoscenze matematiche su 40 paesi si trova al 28esimo posto.


Il 20 percento degli americani crede che il Sole giri attorno alla Terra. Il 17 percento crede che la Terra ogni giorno faccia un giro attorno al Sole (The week, 7 gennaio 2005).


“Una ricerca internazionale sull’alfabetismo degli adulti… afferma che gli americani con un’istruzione al di sotto dei primi nove anni di scuola sono praticamente i peggiori rispetto a tutti gli altri paesi” (Riportato dal ben documentato libro di Jeremy Rifkin: Il sogno europeo: come la visione del futuro dell’Europa sta lentamente eclissando il sogno americano, p. 78).


I nostri operai sono così incompetenti e privi delle abilità di base che le ditte devono spendere 30 miliardi di dollari ogni anno per poterli addestrare (NYT, 12 dicembre 2004). Non c’è da meravigliarsi se le industrie si trasferiscono all’estero!


L’Unione Europea supera gli USA nel numero di laureati in scienza e ingegneria; nelle spesa per ricerca e sviluppo; e nella raccolta di capitali” (Il sogno europeo..” p. 70).


“L’Europa ha superato gli USA, dalla metà degli anni ’90, nella produzione di pubblicazioni scientifiche” (Il sogno europeo”, p. 70).


Ciononostante il Congresso riduce i fondi per la National Science Foundation. Quest’anno ci saranno 1.000 borse di studio in meno di ricerca (NYT, 21 dicembre 2004).


L’anno scorso il numero degli studenti stranieri nelle scuole americane è diminuito del 28 per cento (NYT, 21 dicembre 2004). Non siamo più il paese preferito.


L’Organizzazione Internazionale per la Salute “ha stilato una classifica mondiale in termini di sanità pubblica, e gli USA si sono trovati al 37 posto” In verità, per quanto riguarda le cure mediche siamo al 54 posto. L’ironia è che la spesa medica pro-capita degli Stati Uniti è la più alta di tutti. Si paga di più e si riceve molto, molto di meno.


“I soli paesi sviluppati che non offrono ai loro cittadini l’assistenza sanitaria obbligatoria a tutti i cittadini sono: gli Stati Uniti e il Sud Africa.” (Il sogno americano, p. 80) Scusate, ma da quando in qua il Sud Africa è considerato “sviluppato”? Comunque questa è la compagnia con la quale ci troviamo.


La mancanza di assistenza sanitaria provoca 18.000 decessi evitabili all’anno (Cioè sei volte il numero delle vittime dell’ 11 settembre). (NYT, 12 gennaio 2005).


“La povertà minorile ci trova al 22esimo posto, e cioè al penultimo posto, fra i paesi sviluppati. Dopo di noi viene solo il Messico. (Il sogno americano, p. 81). Recentemente siete stati in Messico? Vi sembra un paese “sviluppato”? Però è l’unico paese “sviluppato” che ci batte al ribasso nella povertà infantile.


“Dodici milioni di famiglie, più del dieci per cento del totale, deve lottare per riuscire a sfamarsi quotidianamente, e non sempre ci riescono.” Il numero di famiglie che “ad un certo punto dell’anno scorso hanno dovuto soffrire la fame” ammonta 3,9 milioni (NYT, 22 novembre 2004.)


La mortalità infantile USA si colloca al 41esimo posto nel mondo. Cuba va meglio. (NYT, 12 gennaio 2005).


La percentuale di mortalità per parto è del 70 percento più alta in America che in Europa. (NYT, 12 gennaio 2005).


La causa principale di mortalità delle donne che aspettano un figlio è l’assassinio. (CNN, 14 dicembre 2004).


“Negli anni 80 fra i primi 20 paesi sviluppati del mondo gli USA sono ben ultimi nell’aumento degli indennizzi i propri lavoratori (malattie, infortuni ecc.) …Negli anni 90 la loro quota è aumentata di molto poco, una crescita annua dello 0,1 percento.(Il sogno europeo, p. 39) Inoltre gli americani lavorano per più ore all’anno con meno vacanze.


“Su 140 aziende principali classificate da Global Fortune 500, 61 sono europee, mentre solo 50 sono americane (Il sogno europeo, p. 66) “Secondo una recente ricerca condotta da Global Finance fra le prime 50 migliori aziende solo una era americana, le altre tutte europee.” (Il sogno europeo. P. 69)


Sulle 20 banche più grandi 14 sono europee.. Nell’industria chimica la BASF è al primo posto; fra le migliori, tre su sei sono europee. In ingegneria e costruzioni tre delle prime cinque sono europee… le altre due sono giapponesi. Fra le prime nove del mondo non ce n’è una americana. Nella produzione alimentare e di consumo Nestlè e Unilever, due giganti europei, si trovano, rispettivamente, al primo e al secondo posto. Nella vendita al dettaglio dei grandi magazzini al vertice ci sono due aziende europee, mentre cinque su dieci sono europee. In elenco ci sono solo quattro ditte americane” (Il sogno europeo. P. 68).


Nell’ultimo decennio gli americani hanno perso un milione e trecentomila posti di lavoro a favore della Cina (CNN, 12 gennaio 2005).


L’anno scorso tre milioni e seicento mila americani sono rimasti senza assicurazione contro la disoccupazione; un milione e ottocentomila lavoratori, uno su cinque, sono disoccupati da più di sei mesi (NYT, 9 gennaio 2005).


Giappone, Cina, Taiwan e Corea del Sud sono creditori del 40 per cento del debito nazionale americano (Ecco perché siamo gentili con loro). “La Cina, consentendo al mercato americano di tenere basso il costo dei mutui sulle case ha sostenuto un ruolo poco conosciuto ma di grande importanza nel consentire il boom del mercato immobiliare (NYT, 4 dicembre 2004). Rileggiamo di nuovo. Il nostro boom immobiliare lo dobbiamo alla Cina, perché ci vogliono vendere tutta quella roba che costruiscono.


Nei prossimi dieci anni è probabile che il Brasile superi gli Stati Uniti nella produzione alimentare. Oggi il Brasile è il più grande paese esportatore di pollame, succo d’arancia, zucchero, caffè e tabacco. L’anno scorso il Brasile ha superato l’America nella produzione di carne. (Poveri illusi cow-boys, state a sentire?). Il risultato finale è che, mentre noi abbiamo un deficit commerciale da record, il Brasile ha avuto un attivo di 30 miliardi di dollari (NYT, 12 dicembre 2004).


Fino a giugno dell’anno scorso gli Stati Uniti hanno esportato meno prodotti alimentari di quanto abbiano importato. (NYT, 12 dicembre, 2004).


Bush ha ottenuto 62.027.582 voti, Kerry: 59.026.003. I non votanti aventi diritto sono stati: 79.279.000 (NYT, 26 dicembre 2004). Più di un terzo non ha votato. Un momento, se un terzo degli elettori iracheni non fosse andato a votare nessun paese al mondo avrebbe giudicato legittime le loro elezioni.


In America un terzo dei figli nascono al di fuori del matrimonio. La metà di tutti i bambini vivono in una famiglia con un solo genitore. (CNN, 10 dicembre 2004).


“Gli americani spendono più in giochi e scommesse che non per i film, video, DVD,musica e libri tutti insieme” (Il sogno americano,p.28).


“Quasi un americano su quattro (crede) che sia accettabile usare la violenza per ottenere ciò che si vuole.” (Il sogno europeo, p. 32). Il 43 per cento degli americani ritiene che la tortura possa essere in qualche modo giustificata, secondo un sondaggio PEW (Associated Press, 19 agosto 2004).


“Nel 2002, ultimo anno per il quale ci sono dei dati, ci sono stati circa 900.000 bambini abbandonati o abusati.” (USA Today, 21 dicembre 2004).


“L’Associazione Internazionale dei capi di polizia ha affermato che i tagli dell’amministrazione Bush alle organizzazioni locali di polizia hanno reso la nazione più vulnerabile che mai.” (USA Today, 17 novembre 2004).


Numeri 1? Nelle classifiche più importanti non ci troviamo nemmeno fra i primi dieci. Neanche da vicino.


(Articolo di Michael Ventura, ristampa da Austin Chronicle on line su: www.citypages.com. Tradotto in italiano a cura di Vichi, per www.comedonchisciotte.net)