martedì 29 luglio 2008


Dovia di Predappio, 29 Luglio 1883.




(Gerardo Dottori, 1934, "Il Duce").

lunedì 28 luglio 2008

Si combatte attorno a Boe Way Hta.

26 LUGLIO 2008 - Si combatte da ieri nei dintorni della roccaforte Karen di Boe Way Hta, nel distretto di Dooplaya nell'est della Birmania. Gli scontri tra l'Esercito di Liberazione Nazionale Karen e le truppe birmane sono diffusi in una vasta area, ed hanno avuto inizio nel villaggio di K'neh Lay, occupato dai birmani nella notte tra il 24 e il 25. Come avevamo preannunciato, le forze di occupazione birmane hanno l'obiettivo di conquistare questa importantissima posizione, già attaccata senza successo il 30 giugno. Il primo attacco era costato la vita anche ad un giovane infermiere karen dello staff di "Popoli". I combattimenti di queste ore fanno seguito alla avanzata compiuta dall'esercito birmano verso diverse postazioni Karen. Due giorni fa, la popolazione di K'neh Lay era fuggita all'arrivo dei birmani, per non essere catturata e costretta a portare equipaggiamenti e munizioni dei soldati di Rangoon verso la prima linea. Non appena la popolazione civile ha lasciato il villaggio, ed è stata nascosta in aree sicure dai militari Karen, gli uomini di Nerdah Mya hanno iniziato operazioni di guerriglia per disturbare la concentrazione di truppe nemiche. "Senza portatori sarà più difficile per i Birmani attaccarci in modo massiccio" - ci ha detto Nerdah questa mattina - "e la pioggia incessante sta rendendo più lente le loro manovre"- ha aggiunto il colonnello sottolineando che le linee di difesa Karen sono state rinforzate nei giorni scorsi. La giungla e la natura aiutano ancora una volta i difensori Karen, decisi a mantenere il controllo di un'area che consente la protezione di numerosi villaggi. La zona interessata dai combattimenti è quella in cui la Comunità Solidarista Popoli ha due cliniche e tre scuole elementari. Seguiremo gli avvenimenti con particolare attenzione.



Comunità Solidarista Popoli

mercoledì 23 luglio 2008

Karadzic, il patriota serbo.


L’ex presidente della Repubblica Srpska di Bosnia “offerto” dal governo di Belgrado alle cure del Tribunale dell’Aja in cambio dell’ingresso della Serbia nella cosiddetta “Unione europea”. Un tradimento consumato dai socialisti - già guidati dal (suicidato all’Aja) Milosevic - confluiti nella coalizione filo-occidentale tessuta da Tadic.





Il nostro amico Dragos - ormai da tre anni e per sempre di guardia alle terre dove la Sava si annulla nel Danubio - si chiedeva, con un freddo interrogativo ipotetico del terzo tipo (irrealtà): “l’Unione europea è realmente europea?”. No. Per Dragos - scrittore, artista, intellettuale nazionalista e socialista serbo, senatore della Repubblica Srpska di Bosnia - come anche per noi l’entità atlantica chiamata “Ue” non è affatto europea. Anzi, peggio: l’Ue è un tumore che distrugge l’Europa. Lo sapevamo, lo sappiamo. E lo dimostra anche quanto accaduto in questi giorni e ieri tra Belgrado, New York e Bruxelles. Nella capitale serba, da una ventina d’anni costretta al ruolo di incubatrice-madre delle speculazioni valutarie e delle “rivoluzioni arancioni” inventate dal finanziere ebreo-americano Georges Soros, il Partito “socialista” (sic) già diretto da Slobodan Milosevic si è alleato nel governo “democratico” e filo-occidentale voluto dal presidente Tadic, tradendo, per trenta denari, il voto popolare appena ricevuto e scuotendo nella bara lo stesso Milosevic suicidato a l’Aja. E come primo atto di “governo” ecco, lunedì sera, la cattura di Radovan Karadzic, il presidente serbobosniaco (amico e fratello di partito e di lotta di Dragos) dichiarato criminale di guerra per aver difeso la sua patria dall’estinzione.



Immediata la soddisfazione dell’Onu che, con Ban Ki-moon, ha dichiarato l’arresto “storico” perché consentirà al tribunale (fantoccio: giudica soltanto i nemici degli atlantici, non gli aggressori d’Occidente in Kosovo o in Afghanistan, o in Iraq...) dell’Aja di “fare il suo lavoro” di fazione. E più che immediata la soddisfazione degli eurocrati, quelli che guidano “il mercato Ue”: dalla presidenza francese a Barroso, e all’italiano Frattini. Per tutti l’arresto di Karadzic apre le porte dell’Unione europea alla Serbia, altrimenti costretta al ruolo di Stato-canaglia perché non democratico ma nazionalista e protettore dei suoi cittadini più politicamente scorretti. No. L’Unione europea non è europea. Ha progettato e imposto la completa rovina degli Stati nazionali europei. Ha travolto le radici culturali dei suoi popoli. Ha trasformato i suoi cittadini in una massa informe di consumatori. Ha inviato i suoi soldati in giro per il mondo - e, con la Nato, nel 1999, proprio contro la Serbia, nel cuore stesso dell’Europa - a sporcarsi le mani nelle aggressioni, nelle invasioni, nelle occupazioni di Stati sovrani volute dal grande padre bianco di Washington e dal suo cameriere di Downing Street. No. L’Unione europea non è affatto europea. E’ atlantica, al servizio delle banche e dei fondi assicurativi e speculativi di Wall Street e della City, al servizio delle multinazionali, al servizio di quella grande finanza che non vuole popoli e patrioti, ma masse di consumatori, di clientes e di schiavi. Che vuole cancellare le nazioni e giustiziare, all’Aja, chi ama la libertà della sua terra, del suo popolo. Noi non amiamo l’Ue, il suo “mercato unico”, la sua identità mercenaria e coloniale tale e quale alla sua bandiera fatta con i colori e con le stelle delle tredici originarie colonie inglesi nel “Nuovo mondo”. Noi soli. Gli ultimi europei. Gli ultimi socialisti. Gli ultimi patrioti.


Tratto da: Rinascita Balcanica

domenica 20 luglio 2008

INDOVINATE UN PO'?


LA CHEVRON POTRA' CONTINUARE I SUOI AFFARI CON LA GIUNTA BIRMANA. PAROLA DI CONGRESSO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA...



Il Congresso Statunitense ha bocciato all'unanimità il progetto che prevedeva la cessazione dei vantaggi fiscali per la compagnia Chevron, impegnata in un consorzio in Birmania per lo sfruttamento delle risorse energetiche (soprattutto gas naturale) di quel Paese. La Chevron, che gode negli Stati Uniti della esenzione dal pagamento di tasse sugli utili realizzati in Birmania attraverso la sua partecipazione (28%) al consorzio di Yadana (assieme alla francese Total, alla tailandese PTT e alla birmana MOGE), ovviamente festeggia. Allo stesso tempo però il suo Vice Presidente, Peter Robertson, sottolinea come la compagnia abbia aiutato le vittime del ciclone Nargys che ha recentemente colpito il Myanmar. Come dire: è vero che grazie alla nostra attività in Birmania guadagniamo miliardi di dollari, è vero che grazie a noi i Generali di Rangoon ne intascano diverse centinaia di milioni ogni anno, è vero che con quei milioni vengono finanziate le operazioni di pulizia etnica nell'est del paese contro i popoli Karen, Mon, Shan, Chin, Karenni eccetera, però facciamo anche l'elemosina.. I Padri Pellegrini del Congresso devono essersi commossi: la Chevron pagherà le tasse soltanto ai Generali. Non succedesse mai che la compagnia, sentendosi eccessivamente tartassata dal fisco americano, decidesse di abbandonare la Birmania! Una azienda cinese sarebbe infatti pronta a subentrare al colosso statunitense, cosa che Washington non può permettere. Storie, sempre uguali, di mondialismo. Come quella del finto embargo sull'importazione di pietre dalla Birmania, embargo ampiamente pubblicizzato dai media ma altrettanto ampiamente aggirato grazie ai servigi di Cina, Malesia e Singapore, dalle quali i preziosi vengono acquistati e importati negli USA (e crediamo anche in Europa). L'unanime trasversalità del Congresso quando si tratta di far fiorire gli affari (dei poveri petrolieri) e la collaborazione della stampa che diffonde finte notizie di "dure prese di posizione nei confronti della Giunta Birmana" sono toccanti. Affari. Soltanto redditizi, squallidi, apolidi affari sulla pelle dei Popoli. Ricordiamo che per tenere "pulita" la zona del gasdotto di Yadana l'esercito birmano colpisce sistematicamente le zone abitate dai Karen, provocando la fuga di migliaia di civili ogni anno.



Da: www.comunitapopoli.org


venerdì 18 luglio 2008

Omaggio a Karl Unterkircher.

BERGAMO — Ci sono articoli, in questo strano mestiere, che non avresti mai voluto scrivere. Sono quelli che raccontano della morte di persone che conosci direttamente, amici o parenti. Stavolta, mi tocca scrivere di un amico scomparso, mentre le dita faticano a scorrere sulla tastiera, rallentate dal dolore.


Karl Unterkircher era un mio amico. Lo conoscevo da tre anni. Era una bella persona, di quelle che vale la pena incontrare. Aveva una compagna e tre figli che adorava. Così come adorava quelle montagne che sono state la sua vita e che la vita gliel’hanno tolta.


Nell’alpinismo era un “natural”. Un talento naturale, quel piccoletto tutta calma, tecnica e coraggio. Aveva dentro di sè una dote straordinaria: la serenità, che gli consentiva di passare indenne fra le bufere e raggiungere anche gli obiettivi più difficili, come la terribile parete del Gasherbrum II, lo scorso anno, o il Jasemba con Kammerlander, sempre nel 2007.


Unterkircher era un uomo vero: capace di confessare paura e stanchezza ma di mantenere i nervi saldi. Aveva negli occhi la pace e il silenzio delle montagne. Quegli spazi di bellezza infinita che tolgono fiato e parole. Sempre gentile e disponibile, educato e sorridente, Karl era una mosca bianca in un ambiente, quello dell’alpinismo, fatto per la maggior parte da boriose superstar (vere o presunte). Lui Karl Unterkircher, l’unico alpinista al mondo ad aver scalato nel giro di due mesi Everest e K2, era invece l’anti-star per eccellezza.


Modesto, aveva preso con timidezza quell’onorificienza - Cavaliere della Repubblica - con cui Ciampi lo aveva insignito per le sue imprese. Il garbo lo distingueva da tanti suoi colleghi “fracassoni”. La sua ricerca interiore e un’innata curiosità, lo avevano spinto a cercare nuove vie e un alpinismo diverso. Come nel 2006, quando insieme a altri tre temerari andò alla scoperta delle inesplorate montagne cinesi e del Monte Genyen - il cervello, come lo chiamava lui - immortalati in uno splendido film firmato dall’amico Armin Wiedmann.


Di Karl ora restano le immagini impresse in eterno su una pellicola. Così come eterni saranno alcuni ricordi legati a questo “piccolo uomo delle grandi montagne”. Pescando dal cesto del passato mi viene in mente quando m’invitò ad andare trovarlo in Alto Adige con la mia famiglia. Avevo pensato che sarebbe stato bello, per la mia bimba piccola, correre su quei prati dell’Alpe di Siusi o della Val Gardena, di cui Karl e i suoi bimbini conoscevano ogni filo d’erba. Non abbiamo fatto in tempo.


Di lui mi resterà il ricordo di un uomo sincero, fino al midollo. Dalla stretta di mano forte come una roccia e capace di piccole gentilezze. Ricordo che, ogni volta che veniva a trovarci in redazione, portava dall’Alto Adige il suo buonissimo strudel. E per noi era una piccola festa, fatta di sorrisi e pacche sulle spalle. Il suo italiano, lento e talvolta zoppicante, lo rendeva buffo. Così come buffe erano le sue pause di riflessione per tradurre le parole dal tedesco all’italiano. Il suo senso dello humor, in salsa italo-teutonica, era irresistibile. Così come le sue smorfie quando non capiva le “strane” parole del Belpaese.


E dire che per gli italiani Karl avrebbe dato la vita. Presidente dell’Aiut Alpin Dolomites, con il suo elicottero del soccorso alpino ha portato in salvo decine di persone in difficoltà sulle vette altoatesine.


Insomma aveva doti di equilibrio psichico da vendere Karl Unterkircher. E in fondo, era un po’ fatalista. Una volta una mia giornalista gli chiese se non avesse paura di morire lassù, sulle grandi montagne. Lui, con una calma olimpica che ci lasciò di sasso, rispose: “Quando il Signore ci chiama, bisogna andare”.


 


Wainer Preda, da www.montagna.org

1929, reloaded.

Le file di ansiosi risparmiatori davanti alle banche per ritirare i depositi: si ripete in USA ciò che avvenne nel ‘29. Solo, la vecchia foto in bianco e nero ci è riproposta a colori. Wall Street che crolla, come allora. Le «solide» istituzioni finanziarie che devono essere messe sotto la tenda a ossigeno.



Il crack speculativo con la svalorizzazione degli «attivi» di carta (fase uno) che si trasmette alle banche commerciali (fase due) e si ripercuote nell’economia reale, con chiusure di aziende, licenziamenti in massa, insolvenze a catena nel ceto medio, caduta verticale dei consumi (fase tre).



In Gran Bretagna, la polizia ha proposto seriamente di istituire di nuovo il «servizio nazionale», come si fece nel 1945, per occupare i giovani senza lavoro e senza titolo di studio - i più proni alla delinquenza - in opere sociali e lavori pubblici.



E’ la fase quattro: anche Roosevelt, negli anni ‘30, irregimentò milioni di disoccupati, per occuparli  in opere pubbliche.



La fase cinque può essere quella del razionamento, delle economie pianificate per la necessità imposta dalla penuria, delle tessere alimentari: a ciascuno tanti grammi di grassi, tanti di proteine, tanti di farina.



Insomma tutto si ripete. Con qualche aggravante: i prezzi di petrolio e alimentary, che dopo il ‘29 erano al minimo (deflazione), ora continuano a salire nonostante la stagnazione (stagflation). E peggio che nel ‘29, il centro dell’impero mondiale è senza testa, con un presidente screditato e in uscita, senza iniziativa e senza autorità; e il suo successore non entrerà in carica che fra molti, lunghissimi mesi.



Le stesse avidità stolte e insaziabili, lo stesso capitalismo svincolato da ogni regola, ha prodotto la stessa rovina. Ovviamente, anche le stesse menzogne.



I media ripetono ai risparmiatori USA davanti alle banche: niente paura, i vostri depositi sono  garantiti dallo Stato. Infatti esiste il Federal Deposit Insurance Co (FDIC), che in caso di insolvenza paga depositi fino a 100 mila dollari. Solo che il FDIC dispone, per queste garanzie, di 52.8 miliardi di dollari. E ne ha già spesi 8 solo per salvare i depositi di una sola banca, la IndyMac; e le banche che diventeranno insolventi nei prossimi mesi saranno - secondo le stime - tra le 150 e le 300; persino il FDIC, che ha l’obbligo dell’ottimismo ufficiale, calcola che saranno una novantina. I suoi fondi bastano per sei o sette banche.



Il Telegraph consiglia, con lugubre euforia, «50 modi per approfittare dei tristi tempi economici»: le Mercedes vengono con 2 mila dollari di sconto! La British Airways fa la svendita estiva di voli a lungo raggio, e vi consente anche lo sconto sull’albergo e l’auto a noleggio! Ci sono banche e ditte di costruzioni, alla ricerca disperata di liquidità, che emettono obbligazioni al 7,5%, e che sui conti correnti danno il 6,45%! Se vi fidate, se avete i nervi d’acciaio, perchè quegli interessi parlano di insolvenza imminente dei debitori (1). Ma anche questa lugubre euforia è una replica del 1929.



Ma il particolare è comunque istruttivo: dice che nonostante le «iniezioni di liquidità» fatte dalle Banche Centrali, nonostante la riduzione dei tassi primari da parte della Federal Reserve al 2,5%, il costo del denaro è comunque rincarato in modo proibitivo, chi ha soldi da prestare chiede il 7-8% come minimo.



Finito il credito facile, la causa delle allegre bolle finanziarie che stanno scoppiando una dopo l’altra. C’era tantissimo «denaro», ed ora di colpo non ce n’è più, s’è prosciugato. Eppure le Banche Centrali americane ed europeee hanno alluvionato di liquidità le banche e i fondi speculativi; questo denaro dovrebbe circolare in massa nel sistema, provocando inflazione ma mantenendo lubrificata la grande giostra. Invece la giostra è a secco, cigola, si arresta.



Dov’è finito quel fiume di liquidità? Semplice: le banche se lo sono messo nelle riserve in copertura delle perdite subite e di quelle che si aspettano. Non lo prestano.



Così, avviene un fenomeno inaudito: la massa monetaria (la moneta di tutti i tipi, da M1 a M4), in USA ed Europa si è striminzita anzichè aumentare. Ciò segnala che è in atto una deflazione, mentre i rincari delle merci segnalano inflazione.



«Se le Banche Centrali reagiscono in eccesso alla fiammata inflattiva provocata da greggio e granaglie - scrive Evans-Pritchard  - possono innescare una spaventosa catena di eventi». Ossia aggravare la deflazione, instaurando la replica della Grande Depressione (2).



Claude Trichet, il capo della Banca Centrale Europea - c’è bisogno di dirlo? - sta facendo proprio questo. Equivocando il senso dei rincari (dovuti a petrolio, quindi fuori della sua possibilità di azione) ha scelto di combattere un’inflazione che non esiste in termini monetari, mantenendo altissimi i tassi d’interesse.



Il 4.5%, misura «irresponsabile» l’ha definita Zapatero, perchè condanna alla recessione la Spagna, dove il 20% dell’economia è costituito dall’edilizia, e dove quasi un milione di case sono invendute perchè i mutui sono troppo cari.



Trichet, duro nella sua dottrina, mantenendo assurdamente divaricato il differenziale tra il tasso europeo e i Buoni del Tesoro americani, ha ottenuto solo una cosa: che fiumi di denaro rovente si sono rifugiati nell’euro abbandonando il dollaro che rende meno e si squaglia; con ciò, ottenendo un euro assurdamente forte, che strangola le esportazioni. Al punto che l’Europa crolla a picco prima ancora dell’America.



Il solo dato positivo è che gli speculatori, ormai, ritengono l’euro sopravvalutato del 20-30%. Entro due anni lo abbandoneranno, e l’euro tornerà debole - com’è debole l’economia reale europea - e tornerà competitivo. Se saremo ancora vivi, s’intende.



Per allora, il dollaro sarà sparito come riserva mondiale, e colossi come Cina e Giappone - che siedono su montagne di dollari - avranno ancora voglia di comprare le cravatte di Armani al 20% di sconto? Saremo competitivi, ma nel gelo globale del consumo.



Trichet sta cercando di domare il rincaro del greggio provocando l’ulteriore abbassamento dei salari reali in Europa, già erosi dall’inflazione reale degli anni scorsi: fa calare la benzina togliendoci i soldi per comprarla, e anche il posto di lavoro da cui prendiamo i salari. E’ una scelta inumana, ossia da banchiere e burocrate.



Spunta in ritardo, come nel 1929, la coscienza che è in atto non una recessione, ma la Depressione.



Ha osato scrivere la parola sir William Rees-Mogg, influente eurocrate e opinionista del Times (3). Dopo una vita di menzogne liberiste, ora che ha raggiunto gli 80 anni, si permette di dire la verità. Per la prima volta su un grande giornale, un potente columnist che è anche membro dei poteri forti, evoca la Grande Depressione.



Il Dow, l’indice azionario di Wall Street, non tornò ai livelli pre-29 se non un quarto di secolo dopo, alla fine del 1954, scrive Rees-Mogg; se la storia si ripete, «il mercato azionario tornerà ai livelli del 2007 nel 2032».



Avremo 25 anni di vacche magrissime: uno spazio grande per una vita umana, e milioni di vite umane passeranno dalla giovinezza alla maturità nella miseria e nella caduta di speranze e prospettive. Il peggio è il sospetto che tutto questo, il crack, il caos e la rovina di milioni di vite, sia voluto, progettato.



Era il 1994, e David Rockefeller parlava allo United Nations Business Council. Disse: «We are on the verge of global transformation. All we need is a major crisis, and the nations will accept the New World Order» (4). «Siamo sulla soglia di una mutazione globale. Ci manca soltanto una cosa: una crisi rilevante, e le nazioni accetteranno il Nuovo Ordine Mondiale».



Stranamente, ha ripetuto in questi giorni la stessa cosa George Bush senior, l’ex-presidente ed ex capo della CIA, il padre dell’alcolista subnormale alla Casa Bianca: «Da questi tempi di sconvolgimento può emergere il nostro obbiettivo, un Nuovo Ordine Mondiale».



Hanno previsto tutto? Si preparano ad imporci l’ordine totale?



Di Maurizio Blondet, on line su www.effedieffe.com

Fascion!

venerdì 11 luglio 2008

SCIOPERO PUM



A TU PER TU CON ANDREA, PORTAVOCE DELLA COMUNITA’ SPONTANEA DEI COMMERCIANTI DEL CENTRO



In seguito alle ennesime assurde disposizione del Comune di Perugia, riguardanti la mobilità, per merito di alcune attività commerciali del centro, si è dato vita ad una comunità spontanea dei commercianti del centro, con l’intenzione di costituire un fronte comune di protesta nei confronti delle amministrazioni locali. La prima importante iniziativa è consistita in una serrata di una settimana, lungo la quale venti esercizi del centro storico si sono astenuti dalla vendita dei biglietti UP, per il trasporto pubblico di Perugia.

Abbiamo raggiunto, Andrea, promotore e coordinatore dell’iniziativa, e gestore dell’edicola di Piazza della Repubblica, che ci ha rilasciato importanti dichiarazioni.



Ciao Andrea, anzitutto parlaci di questa iniziativa? Da quale bisogno nasce e come s’è sviluppata?




Anzitutto abbiamo potuto registrare un malcontento generale per quanto concerne numerose difficoltà di movimento… si tratta di problema diffuso (difficoltà di accesso al centro storico, disagi per le categorie più deboli e per lo stesso personale APM): una delle cui conseguenze è la ridotta circolazione di potenziale clientela per i commercianti del centro, con particolare riguardo a zone in evidente sofferenza, come Piazza Cavallotti e Via dei Priori, o Via Alessi e limitrofe, afflitta da un annoso stato di abbandono. Lo sciopero della vendita dei biglietti UP è nato come una inziativa spontanea, senza alcun riferimento politico, e di categoria, né il benché minimo appoggio di qualunque partito, svoltasi nell’arco di una settimana, con l’adesione di circa venti rivendite di biglietti UP, tra tabacchi ed edicole.



Parlaci dell’andamento dello sciopero…




L’adesione è stata totale ed entusiasta, in particolar modo da parte di quelle attività dislocate ai margini del flusso dei cittadini e che traevano il loro beneficio dalla presenza di capolinea e passaggi pedonali. La reazione della gente si è manifestata nella più totale solidarietà nei nostri confronti, grazie anche alla presa di coscienza che tale iniziativa era comunque rivolta al benessere comune, dei cittadini per ciò che concerne la mobilità in senso stretto ed i suoi risvolti sociali, e dei commercianti per quel che riguarda l’effetto più particolarmente economico. Questo sciopero mi ha dato modo di toccare con mano le difficoltà di ogni singolo cittadino utente del trasporto pubblico, verificando sul campo l’effettiva validità della nostra iniziativa.



Cosa hai potuto osservare, vivendo e facendoti inteprete di quel malcontento sociale che tu stesso hai detto essere generalizzato?




È stato come lanciare un sasso in uno stagno, provocando dei cerchi sempre più ampi, fino a raggiungere aspetti sempre più generali e delicati. Il sasso è caduto proprio nel… centro, e non in senso metaforico, la cui situazione è sotto gli occhi di tutti: dei comuni cittadini, dei turisti, e anche dei nostri politici e amministratori. Zone sempre più ampie subiscono una progressiva desertificazione, a causa della mancanza di servizi essenziali (generi alimentari, lavanderie, ferramenta ecc. …) e dell’avanzata indisturbata ed incontrollata della microcriminalità. Se a tutto questo aggiungiamo la difficoltà oggettiva di raggiungere il centro dalle periferie, ecco spiegata la situazione agonizzante in cui versa Perugia.



E le periferie?



È logico e consequenziale che lo svuotamento del centro abbia portato ad un sovrappopolamento delle periferie, a tutto vantaggio di costruttori pronti ad approfittare di quello che sembra quasi essere un piano premeditato di deportazione indotta dei residenti, dal centro verso le nuove terre promesse dell’ediliza residenziale e della grande distribuzione. Ma se la svalutazione immobiliare delle aree del centro può far comodo a quegli stessi privati che l’hanno generata attraverso la gestione pubblica, alle attività commerciali e alle decine di loro dipendenti chi ci pensa?





Associazione Culturale Tyr - Perugia

controventopg@libero.it

domenica 6 luglio 2008

APPELLO URGENTE.

Ieri abbiamo dato notizia del successo del contrattacco dell'Esercito di Liberazione Karen contro gli assalitori che avevano cercato di occupare il villaggio di Boe Way Hta, sede di una clinica della Comunità Solidarista Popoli. E oggi siamo già costretti a lanciare un appello per una nuova emergenza, nelle stesse aree, provocata dall'arrivo di ingenti truppe birmane che si concentrano per attaccare nuovamente in forze i villaggi abitati dai Karen. La notizia arriva direttamente dal Colonnello Nerdah Mya, che nei giorni scorsi aveva condotto con successo la difesa di Boe Way Hta, costringendo ieri al ripiegamento le truppe birmane: chiamandoci dalla clinica “Carlo Terracciano”, Nerdah ci ha questa mattina informati dell'arrivo di un nuovo battaglione del 409° Reggimento di fanteria leggera birmano, pronto a sferrare un attacco, non si sa ancora se a Kler Law Seh o di nuovo a Boe Way Hta. Prevedendo una nuova emergenza umanitaria, con gruppi di civili Karen costretti a lasciare la zona dei combattimenti, e con il probabile aumento dei pazienti nelle cliniche interessate dalle operazioni militari, la Comunità Solidarista Popoli chiede ai suoi sostenitori uno sforzo: un bonifico bancario sul conto della Onlus, il cui codice IBAN è il seguente: IT 19 R 05188 11703 000000057192 Oppure un versamento sul conto corrente postale n° 27183326



Chiediamo, a chi ne ha la possibilità, di agire subito, in modo da ridurre al massimo i tempi di attesa per il trasferimento dei fondi a chi ne ha estremo bisogno. I fondi raccolti verranno immediatamente impiegati per tutte le spese relative al funzionamento delle cliniche, al trasporto degli infermieri e dei pazienti lungo il confine, alla loro evacuazione di emergenza e alla riorganizzazione di nuovi presidi di assistenza in caso di danni alle strutture esistenti. La libertà si conquista con il sangue. I Karen lo sanno. Cerchiamo di far loro sentire che condividiamo il loro desiderio di rimanere uomini liberi.



Comunità Solidarista Popoli

mercoledì 2 luglio 2008

IL FASCISMO OGGETTIVO. (II)

Si guardi alla Carta del Lavoro come

il navigante guarda alla bussola

Benito Mussolini


Il 21 aprile 1927, giorno volutamente coincidente del Natale di Roma e della Festa italiana dei lavoratori, viene promulgata con forza di legge (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 30 aprile 1927) La Carta del Lavoro, uno dei documenti ideologici fondamentali del Regime fascista e che, in sostanza, gettava le basi dello Stato Corporativo. La Carta, come antecedenza preparatoria, ebbe la legge 1926/563, che aveva disciplinato, per la prima volta in Italia, il riconoscimento giuridico dei sindacati e dei rapporti collettivi di lavoro. Ancora più indietro, era l’espressione di una marcia, cominciata a Piazza San Sepolcro, nel 1919, che nel suo Manifesto indicava la direzione:



“Noi vogliamo: la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al funzionamento tecnico dell’industria. L’affidamento alle stesse organizzazioni proletarie (che ne siano degne moralmente e tecnicamente) della gestione di industrie o servizi pubblici…”.



In coerenza di ciò, nella Carta del Lavoro si stabilirà, tra l’altro, che:



“Le associazioni professionali legalmente riconosciute, assicurano la uguaglianza giuridica tra i datori di lavoro e i lavoratori (…) Le Corporazioni sono dalla legge riconosciute come organi di Stato. (…) Il prestatore d’opera - tecnico, impiegato od operaio - è un collaboratore attivo dell’impresa economica (…)”.



Percorso che troverà successivamente, con la legge 1944/375, “Sulla socializzazione delle imprese”, la sua completa realizzazione.





LA CARTA DEL LAVORO




Articolo di Miro Renzaglia, tratto da "IL FONDO".


I.

La Nazione italiana è un organismo avente fini, vita, mezzi di azione superiori per potenza e durata a quelli degli individui divisi o raggruppati che la compongono. E’ una unità morale, politica ed economica, che si realizza integralmente nello Stato fascista.



II.

Il lavoro, sotto tutte le sue forme organizzative ed esecutive, intellettuali, tecniche, manuali è un dovere sociale. A questo titolo, e solo a questo titolo, è tutelato dallo Stato. Il complesso della produzione è unitario dal punto di vista nazionale; i suoi obiettivi sono unitari e si riassumono nel benessere dei singoli e nello sviluppo della potenza nazionale.



III.

L’organizzazione sindacale o professionale è libera. Ma solo il sindacato, legalmente riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato, ha il diritto di rappresentare legalmente tutta la categoria di datori di lavoro o di lavoratori, per cui è costituito; di tutelarne, di fronte alle Stato e alle altre associazioni professionali, gli interessi; di stipulare contratti collettivi di lavoro obbligatori per tutti gli appartenenti alla categoria, di imporre loro contributo e di esercitare, rispetto ad essi, funzioni delegate di interesse pubblico.



IV.

Nel contratto collettivo di lavoro trova la sua espressione concreta la solidarietà tra i vari fattori della produzione, mediante la conciliazione degli opposti interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori, e la loro subordinazione agli interessi superiori della produzione.



V.

La magistratura del lavoro è l’organo con cui lo Stato interviene a regolare le controversie del lavoro, sia che vertano sull’osservanza dei patti e delle altre norme esistenti, sia che vertano sulla determinazione di nuove condizioni del lavoro.



VI.

Le associazioni professionali legalmente riconosciute assicurano l’uguaglianza giuridica tra i datori di lavoro e i lavoratori, mantengono la disciplina della produzione e del lavoro e ne promuovono il perfezionamento. Le Corporazioni costituiscono l’organizzazione unitaria delle forze della produzione e ne rappresentano integralmente gli interessi. In virtù di questa integrale rappresentanza, essendo gli interessi della produzione interessi nazionali, le Corporazioni sono dalla legge riconosciute come organi di Stato. Quali rappresentanti degli interessi unitari della produzione, le Corporazioni possono dettar norme obbligatorie sulla disciplina dei rapporti di lavoro e anche sul coordinamento della produzione tutte le volte che ne abbiano avuto i necessari poteri dalle associazioni collegate.



VII.

Lo Stato corporativo considera l’iniziativa nel campo della produzione come lo strumento più efficace e più utile nell’interesse della Nazione. L’organizzazione privata della produzione essendo una funzione di interesse nazionale, l’organizzatore dell’impresa è responsabile dell’indirizzo della produzione di fronte allo Stato. Dalla collaborazione delle forze produttive deriva fra esse reciprocità di diritti e di doveri. Il prestatore d’opera, tecnico, impiegato od operaio, è un collaboratore attivo dell’impresa economica, la direzione della quale spetta al datore di lavoro che ne ha la responsabilità.



VIII. Le associazioni di datori di lavoro hanno l’obbligo di promuovere in tutti i modi l’aumento, il perfezionamento della produzione e la riduzione dei costi. Le rappresentanze di coloro che esercitano una libera professione o un’arte e le associazioni di pubblici dipendenti concorrono alla tutela degli interessi dell’arte, della scienza e delle lettere, al perfezionamento della produzione e al conseguimento dei fini morali dell’ordinamento corporativo.



IX.

L’intervento dello Stato nella produzione economica ha luogo soltanto quando manchi o sia insufficiente l’iniziativa privata o quando siano in giuoco interessi politici dello Stato. Tale intervento può assumere la forma del controllo, dell’incoraggiamento e della gestione diretta.



X.

Nelle controversie collettive del lavoro l’azione giudiziaria non può essere intentata se l’organo corporativo non ha prima esperito il tentativo di conciliazione. Nelle controversie individuali concernenti l’interpretazione e l’applicazione dei contratti collettivi di lavoro, le associazioni professionali hanno facoltà di interporre i loro uffici per la conciliazione. La competenza per tali controversie è devoluta alla magistratura ordinaria, con l’aggiunta di assessori designati dalle associazioni professionali interessate.



XI.

Le associazioni hanno l’obbligo di regolare, mediante contratti collettivi, i rapporti di lavoro per le categorie di datori di lavoro e di lavoratori, che rappresentano. Il contratto collettivo di lavoro si stipula fra associazioni di primo grado, sotto la guida e il controllo delle organizzazioni centrali, salva la facoltà di sostituzione da parte dell’associazione di grado superiore, nei casi previsti dalla legge o dagli statuti. Ogni contratto collettivo di lavoro, sotto pena di multa, deve contenere norme precise sui rapporti disciplinari, sul periodo di prova, sulla misura e sul pagamento della retribuzione, sull’orario di lavoro.



XII.

L’azione del sindacato, l’opera conciliativa degli organi corporativi e la sentenza della magistratura del lavoro garantiscono la corrispondenza del salario alle esigenze normali di vita, alle possibilità della produzione e al rendimento del lavoro. La determinazione del salario Ãè sottratta a qualsiasi norma generale e affidata all’accordo delle parti nei contratti collettivi.



XIII.

Le conseguenze delle crisi di produzione e dei fenomeni monetari devono equamente ripartirsi fra tutti i fattori della produzione. I dati rilevati dalle pubbliche amministrazioni, dall’istituto centrale di statistica e dalle associazioni professionali legalmente riconosciute, circa le condizioni della produzione e del lavoro e la situazione del mercato monetario, e le variazioni del tenore di vita dei prestatori d’opera, coordinati ed elaborati dal Ministero delle Corporazioni, daranno il criterio per contemperare gli interessi delle varie categorie e delle classi fra di loro e di queste coll’interesse superiore della produzione.



XIV.

La retribuzione deve essere corrisposta nella forma più consentanea alle esigenze del lavoro e dell’impresa. Quando la retribuzione sia stabilita a cottimo, e la liquidazione dei cottimi sia fatta a periodi superiori alla quindicina, sono dovuti adeguati acconti quindicinali o settimanali. Il lavoro notturno, non compreso in regolari turni periodici, viene retribuito con una percentuale in più, rispetto al lavoro diurno. Quando il lavoro sia retribuito a cottimo, le tariffe di cottimo debbono essere determinate in modo che all’operaio laborioso, di normale capacità lavorativa, sia consentito di conseguire un guadagno minimo oltre la paga base.



XV. Il prestatore di lavoro ha diritto al riposo settimanale in coincidenza con le domeniche. I contratti collettivi applicheranno il principio tenendo conto delle norme esistenti, delle esigenze tecniche delle imprese, e nei limiti di tali esigenze procureranno altresì che siano rispettate le festività civili e religiose secondo le tradizioni locali. L’orario di lavoro dovrà essere scrupolosamente e intensamente osservato dal prestatore d’opera.



XVI.

Dopo un anno di ininterrotto servizio il prestatore d’opera, nelle imprese a lavoro continuo, ha diritto ad un periodo annuo di riposo feriale retribuito.



XVII.

Nelle imprese a lavoro continuo il lavoratore ha diritto, in caso di cessazione dei rapporti di lavoro per licenziamento senza sua colpa, ad una indennità proporzionata agli anni di servizio. Tale indennità è dovuta anche in caso di morte del lavoratore.



XVIII.

Nelle imprese a lavoro continuo, il trapasso dell’azienda non risolve il contratto di lavoro, e il personale ad essa addetto conserva i suoi diritti nei confronti del nuovo titolare. Egualmente la malattia del lavoratore, che non ecceda una determinata durata, non risolve il contratto di lavoro. Il richiamo alle armi o in servizio della MVSN non è causa di licenziamento.



XIX.

Le infrazioni alla disciplina e gli atti che perturbino il normale andamento dell’azienda, commessi dai prenditori di lavoro, sono puniti, secondo la gravità della mancanza, con la multa, con la sospensione dal lavoro e, per i casi più gravi, col licenziamento immediato senza indennità. Saranno specificati i casi in cui l’imprenditore può infliggere: la multa o la sospensione o il licenziamento immediato senza indennità.



XX.

Il prestatore di opera di nuova assunzione è soggetto ad un periodo di prova, durante il quale è reciproco il diritto alla risoluzione del contratto, col solo pagamento della retribuzione per il tempo in cui il lavoro è stato effettivamente prestato.



XXI.

Il contratto collettivo di lavoro estende i suoi benefici e la sua disciplina anche ai lavoratori a domicilio. Speciali norme saranno dettate dallo Stato per assicurare la pulizia e l’igiene del lavoro a domicilio.



XXII.

Lo Stato accerta e controlla il fenomeno della occupazione e della disoccupazione dei lavoratori, indice complessivo delle condizioni della produzione e del lavoro.



XXIII.

Gli uffici di collocamento sono costituiti a base paritetica sotto il controllo degli organi corporativi dello Stato. I datori di lavoro hanno l’obbligo di assumere i prestatori d’opera pel tramite di detti uffici. Ad essi è data facoltà di scelta nell’ambito degli iscritti negli elenchi con preferenza a coloro che appartengono al Partito e ai Sindacati fascisti, secondo la anzianità di iscrizione.



XXIV.

Le associazioni professionali di lavoratori hanno l’obbligo di esercitare un’azione selettiva fra i lavoratori, diretta ad elevarne sempre di piú la capacità tecnica e il valore morale.



XXV.

Gli organi corporativi sorvegliano perché siano osservate le leggi sulla prevenzione degli infortuni e sulla polizia del lavoro da parte dei singoli soggetti alle associazioni collegate.



XXVI.

La previdenza è un’alta manifestazione del principio di collaborazione. Il datore di lavoro e il prestatore d’opera devono concorrere proporzionalmente agli oneri di essa. Lo Stato, mediante gli organi corporativi e le associazioni professionali, procurerà di coordinare e di unificare, quanto più è possibile, il sistema e gli istituti della previdenza.



XXVII.

Lo Stato fascista si propone:

1) il perfezionamento dell’assicurazione infortuni;

2) il miglioramento e l’estensione dell’assicurazione maternità;

3) l’assicurazione delle malattie professionali e della tubercolosi come avviamento all’assicurazione generale contro tutte le malattie;

4) il perfezionamento dell’assicurazione contro la disoccupazione involontaria;

5) l’adozione di forme speciali assicurative dotalizie pei giovani lavoratori.



XXXVIII.

E’ compito delle associazioni di lavoratori la tutela dei loro rappresentanti nelle pratiche amministrative e giudiziarie, relative all’assicurazione infortuni e alle assicurazioni sociali. Nei contratti collettivi di lavoro sarà stabilita, quando sia tecnicamente possibile, la costituzione di casse mutue per malattia col contributo dei datori di lavoro e dei prestatori di opera, da amministrarsi da rappresentanti degli uni e degli altri, sotto la vigilanza degli organi corporativi.



XXIX.

L’assistenza ai propri rappresentanti, soci e non soci, è un diritto e un dovere delle associazioni professionali. Queste debbono esercitare direttamente le loro funzioni di assistenza, non possono delegarle ad altri enti od istituti, se non per obiettivi d’indole generale, eccedenti gli interessi delle singole categorie.



XXX.

L’educazione e l’istruzione, specie la istruzione professionale, dei loro rappresentanti, soci e non soci, è uno dei principali doveri delle associazioni professionali. Esse devono affiancare l’azione delle Opere nazionali relative al Dopolavoro e alle altre iniziative di educazione.



Strisce blu: NON FARTI FREGARE!





E’ da tempo che abbiamo intrapreso una campagna di controinformazione sulla questione dei parcheggi a “strisce blu” nella nostra città, tra il silenzio quasi totale delle istituzioni e degli organi di stampa. Non tutti lo sanno, ma a Perugia molti di questi parcheggi a pagamento sono irregolari perché violano diversi articoli del codice della strada. L’articolo 7 comma 6 del codice della strada indica che gli spazi adibiti al parcheggio a pagamento devono essere localizzati al di fuori della carreggiata. Inoltre ad ogni parcheggio a “striscia blu” deve corrispondere un parcheggio a “striscia bianca”. Basta ciò quindi per rendersi conto che molte di quelle situate a Perugia sono del tutto illegali. E’ irregolare il provvedimento che ne ha autorizzato l’apposizione, con conseguente annullabilità dell’eventuale verbale.



Ma questo non basta: oltre a quelle già esistenti, il Comune di Perugia ha voluto ed ottenuto la realizzazione di 900 nuovi parcheggi a pagamento situati in diverse zone della città, anche in zone centrali come Via dei Filosofi ed Elce.



Con le “strisce blu”, siamo di fronte ad un vero e proprio abuso, un gesto di arroganza bello e buono e non è giusto pagare. Sappiamo bene che le problematiche della nostra città sono ben altre ma è ora di svegliarsi e per far ciò, non è un male prendere in considerazione anche le cose che sembrano “piccole”.



Come procedere? Facciamo tutti ricorso!



Si può fare se…

Le strisce blu invadono la carreggiata.



Si può fare se…

Il biglietto è stato pagato ma è scaduto.



Dove trovo i moduli per i ricorsi?




www.soccorsosociale.org



L'Associazione Culturale TYR Perugia è a disposizione per eventuali domande, proposte e per l'aiuto alla compilazione dei moduli per il ricorso.



Potete contattarci a:
controventopg@libero.it