giovedì 31 maggio 2012

Ammar Moussawi (Hezbollah): “Quando un popolo vuole la propria sovranità può ottenerla”


(ASI) BEIRUT - “Il Libano con tutte le sue comunità è un Paese ospitale e guarda verso tutti con amicizia. Il nostro Paese subisce i riflessi di quello che sta succedendo in Siria. E’ molto probabile che in occidente i governi e l’informazione cerchino di comunicare alla gente che in queste zone ci sia una trasformazione democratica. Non è così, in realtà, si sta spingendo al caos più totale”. Con queste parole, Ammar Moussawi, responsabile esteri di Hezbollah, il Partito di Dio, e deputato del Parlamento libanese, ci accoglie in una delle loro sedi a Beirut sud. “Se si diffonde il caos – continua – siamo tutti minacciati. C’è un sostegno diretto al fondamentalismo”.

Due anni fa l’assalto pirata israeliano alla Freedom Flotilla diretta a Gaza


InfoPal, 31 maggio 2012. Di Angela Lano. Sono passati due anni dal feroce e traumatico attacco pirata israeliano alla Freedom Flotilla diretta a Gaza, carica di attivisti, parlamentari, giornalisti da tutto il mondo, e piena di aiuti umanitari da portare a una popolazione sotto illegale assedio da anni.
In quell’assalto, che Israele effettuò in acque internazionali e contro una flotta umanitaria, vennero assassinate nove persone, cittadini turchi, e ferite oltre 50. 
In 700 subimmo l’attacco, fummo aggrediti, imprigionati nelle carceri israeliane, derubati dei nostri bagagli, soldi, materiale di lavoro, libertà personali, e minacciati. 
Quella criminale azione non ha ancora trovato una condanna effettiva in nessuna parte del mondo. La Turchia sta lavorando all’incriminazione dei responsabili israeliani, e anche in altri Paesi qualcosa si sta muovendo, ma molto lentamente e tra grandi ostacoli: i massacri compiuti dallo stato sionista, in genere, rimangono impuniti per sempre: i 64 anni e oltre di pulizia etnica della Palestina storica lo dimostrano a chiare lettere. 
Nelle righe che seguono ricostruisco la cronaca dell’aggressione israeliana alla flotilla umanitaria. 

domenica 27 maggio 2012

Libano. “Vittoria di un Paese, nascita di una nazione”

(ASI) Beirut (Libano) - La vigilia del 25 maggio - ricorrenza della vittoria di Hezbollah sulle truppe israeliane - è stata contraddistinta da un clima di tensione seguito alle ripetute violenze che, sviluppatesi a Tripoli, nel nord del Paese, hanno contagiato anche la capitale Beirut. Questi, per il Libano, sono giorni concitati: il fatto che ripercussioni della crisi siriana siano penetrate anche nei suoi confini rende pessimistiche le previsioni per il futuro prossimo della Terra dei Cedri.

La guerra civile, d’altronde, in questo Paese mosaico di confessioni religiose, è uno spettro che non attenua mai la sua costante minaccia, nemmeno in periodi di apparente tranquillità. Figurarsi ora, che dalla vicina Siria giungono sirene che agitano alcuni tasselli di questo mosaico.

Ali Darmush: In Siria tutte le superpotenze giocano duro

È sera e, nel quartiere di Dahie, a Beirut sud, c’è un po’ di movimento. In lontananza si vede del fumo e si sentono delle grida. Diverse persone sono scese in strada per manifestare dopo il rapimento dei dodici pellegrini sciiti libanesi avvenuto tre giorni fa nella provincia di Aleppo, in Siria.
In Libano, negli ultimi giorni, gli scontri tra gli oppositori e i sostenitori del governo siriano del presidente Bashar al Assad, da Tripoli, si sono spostati anche a Beirut, e hanno causato la morte di due persone nella notte tra domenica e lunedì. In questa situazione che potrebbe diventare di reale tensione, ho incontrato nella sede del partito, Ali Darmush, il responsabile dei rapporti esteri di Hezbollah, ossia il Partito di Dio, partito politico sciita libanese.

sabato 19 maggio 2012

L’indimenticabile Almerigo Grilz e “Gli occhi della guerra”. Così difficili da ricordare.


(ASI) All’alba del 19 maggio del 1987, Almerigo Grilz – in Mozambico al seguito dei guerriglieri della Renamo che si opponevano ai filosovietici della Frelimo – muore colpito da una pallottola alla testa mentre stava filmando un attacco nella città di Caia. Fu il primo inviato di guerra italiano a morire sul campo dopo la seconda guerra mondiale.

Almerigo Grilz si trovava in Mozambico come corrispondente della Albatross Press Agency fondata nel 1983 insieme a Fausto Biloslavo e Gian Micalessin. La sua telecamera fu recuperata: nel video viene documentata tutta la battaglia dell’ex zuccherificio della città di Caia, fino a che, un colpo, non lo raggiunge alla nuca. I guerriglieri della resistenza nazionale, guidati da Afonso Dhlakama, dopo un giorno e mezzo di cammino, lo seppellirono vicino ad un grande albero, dove, a tutt’oggi, come aveva deciso anche sua madre, riposa.

sabato 12 maggio 2012

Il vostro 5x1000 alla Comunità Solidarista Popoli


CARLO PARLANTI, 8 ANNI IN UN CARCERE USA. “IO, INNOCENTE E ABBANDONATO DALL’ITALIA”


Sì, ora sono libero. Ma ho perso tutto. Però posso promettere una cosa: darò battaglia finché non avrò giustizia”. Carlo Parlanti, 48 anni, racconta la sua incredibile storia in un’intervista esclusiva adAffaritaliani.it. Un passato da importante manager informatico, arrestato nel 2004 per stupro. Ad accusarlo la sua ex ragazza americana. Senza prove, con tante bugie. Della donna, dei medici, della polizia: “Contro di me sono stati commessi crimini inauditi, provati dalla documentazione della stessa procura californiana”. Carlo rifiuta il patteggiamento, che avrebbe significato l’immediato rilascio, e trascorre quasi otto anni nella prigione di Avenal.
L’esperienza in carcere è drammatica: “Il sistema americano è basato sulla violenza e sulsovrappopolamento. Ci sono continue risse e la condizione igienica è tragica. Le guardie girano in tenuta antisommossa”. E in tutto questo l’Italia ha tenuto una posizione defilata: “Nessuno si è curato della mia storia, mi hanno abbandonato”. Ora Carlo è un uomo libero, è tornato nella sua Montecatini (Pistoia) e promette guerra: “Voglio riaprire il caso e sporgere denuncia contro chi ha permesso che un uomo innocente vivesse un’esperienza simile. E la cosa più grave è che so per certo che non sono il solo“.

“Le voci del silenzio”. Gli italiani detenuti e dimenticati. All’estero.


E’ recentemente uscito in libreria “Le voci del silenzio – Storie di italiani detenuti all’estero”, scritto per Eclettica Edizioni dai giovani free-lance Fabio Polese e Federico Cenci, perugino il primo e romano il secondo. Il Sito di Perugia li ha incontrati per porgli qualche domanda su questo argomento, estremamente attuale e poco approfondito dagli organi d’informazione.

Come avete avuto l’idea di scrivere questo libro-inchiesta sui detenuti italiani all’estero?

L’interesse è nato dopo esserci accorti che ad alcune disavventure giudiziarie, in cui erano incappati nostri connazionali all’estero, non veniva dedicato dai maggiori quotidiani più di un misero trafiletto. Ci sembrava piuttosto ingeneroso verso di loro e verso i fruitori dell’informazione, soprattutto a fronte della sovraesposizione mediatica di cui invece godono abitualmente vicende a nostro avviso di minore interesse sociale.

E’ così che abbiamo provato a colmare noi questo vuoto, iniziandoci ad occupare del tema, in origine senza lo scopo di ricavarne un libro ma esclusivamente per “passione giornalistica”. In un secondo momento, una volta effettuato un certo numero di inchieste, ci è sembrato opportuno raccoglierle in un libro, anche per consentirgli una maggiore eco attraverso la diffusione editoriale.

venerdì 11 maggio 2012

Sicurezza? Usciamo e viviamo Perugia.


Paura e sgomento. Sangue a terra, vetri in frantumi e sirene della polizia. Non siamo sulla scena di un film hollywoodiano ma nel centro storico di Perugia in quella che doveva essere una tranquilla serata di martedì. Giovani e meno giovani stavano in giro per corso Vannucci o nelle vicinanze dei bar dell’acropoli quando, all’improvviso, un gruppo di nordafricani e albanesi, si sono scontrati con bottiglie e coltelli.
Da quanto ho capito, dopo che gli albanesi sono riusciti a fuggire, la situazione è degenerata ancora di più: il gruppo di magrebini ha attaccato le forze dell’ordine intervenute e si è scagliato anche contro gli esercizi commerciali del corso. La polizia, per far tornare la tranquillità, avrebbe pure sparato alcuni colpi di pistola in aria. I giornali locali, nei grandi titoli di apertura, hanno descritto la serata come un vero e proprio “far west” e la risposta dei politici non si è certo fatta attendere. Dai comunicati e dalle conferenze stampa fatte, sembrerebbe che tutti abbiano la soluzione a portata di mano. Sarebbe bello.
Da una parte abbiamo chi grida alla militarizzazione di Perugia e dall’altra chi, pur condannando e invocando repressione per fatti del genere, chiede anche prevenzione con investimenti garantendo a tutti il pieno esercizio del diritto di cittadinanza.
Non mi è mai piaciuta la militarizzazione né la repressione e non mi è nemmeno mai piaciuto il finto buonismo che riecheggia nell’aria di Perugia da ormai troppo tempo. La società del “volemose bene” non solo è fallita da un pezzo ma ha anche distrutto quel poco di identità che era rimasta nelle rovine della modernità.

martedì 8 maggio 2012

Umm Kamel, donna simbolo della Palestina che resiste agli invasori.


Roma – InfoPal. “Avevo una casa a Gerusalemme Est, dove vivevo con mio marito e i miei figli, ma coloni e autorità di occupazione israeliane me l’hanno presa”.
Così inizia il suo drammatico racconto Umm Kamel al-Kurd, una palestinese gerosolimitana di 60 anni, durante il convegno “A 64 anni dalla Nakba“, svoltosi a Roma sabato 5 maggio.
La sua testimonianza commuove e indigna la sala del Centro Frentani, dove siedono circa 100 persone di diverse comunità cittadine e organizzazioni di solidarietà con la Palestina.

domenica 6 maggio 2012

05-05-2012 Flash mob in Piazza di Spagna a Roma in ricordo di Bobby Sands.


In ricordo di Bobby Sands, un esempio di lotta e sacrificio per il suo popolo.


(ASI) Bobby Sands, nato nel 1954 ad Abbots Cross, sobborgo settentrionale di Belfast, è cresciuto a suon di intimidazioni e soprusi. Stanco della situazione, Bobby Sands, appena diciottenne entra a far parte dell’ala Provisional dell’I.R.A. (Irish Republican Army). Con il secondo arresto, nel 1977, dopo essere stato trovato all’interno di una macchina armato nei pressi di uno scontro a fuoco, viene condannato a quattordici anni di reclusione.
Il primo marzo del 1981 il giovane Comandante dell’IRA, Bobby Sands, comincia uno sciopero della fame nel carcere nordirlandese di Long Kesh, per rivendicare i diritti di prigioniero politico e la libertà del proprio popolo dall’oppressore inglese. Dopo sessantasei giorni di sciopero della fame, alle 1 e 17 minuti del 5 maggio del 1981, Bobby Sands, ventisettenne, muore. Dopo di lui altri nove uomini si lasciarono morire tra il maggio e l’agosto dello stesso anno con la colpevole complicità dell’intransigenza del governo inglese guidato allora da Margaret Tacher.

GODETEVI LA GUERRA, PERCHE’ LA PACE SARA’ TERRIBILE.


Zipporah Sein, Segretario Generale dell’Unione Nazionale Karen, invita alla prudenza gli osservatori internazionali, che fanno a gara nel descrivere “il nuovo corso birmano” come un processo irreversibile e un cammino che punta dritto alla pacificazione nazionale. Ma si sa, quando la macchina mediatica è in marcia lungo una direzione stabilita (dai soliti ignoti?), essa non può certo essere fermata da insignificanti leader di Popoli in lotta, ne’ da sconosciuti guerrieri che da oltre sessanta anni versano sudore e sangue per ottenere il rispetto della propria gente. Le mezzemaniche sedute alle scrivanie di televisioni e di giornali mondialisti hanno sempre la meglio. Così, mentre i portavoce di almeno venti milioni di persone invocano sostegno diplomatico e scongiurano i governi stranieri di non correre troppo sulla pista degli investimenti economici (oramai le sanzioni contro Rangoon sono definite “anacronistiche” dai guru della finanza internazionale), la stampa titola i suoi resoconti dalla Birmania con frasi cariche di mielosa accondiscendenza per i Generali in abiti borghesi, che dispensano sorrisi e pacche sulle spalle a destra e a manca come fanno i politici nostrani in periodo di campagna elettorale, giacca sulla spalla e dito puntato verso gli elettori.

venerdì 4 maggio 2012

Il vostro 5x1000? Diamolo a "Popoli".


Domani a Roma una flash mob per ricordare Bobby Sands.


Nazionalizzazioni e rinascita indio-latina.


(ASI) In principio fu Hugo Chavez, il rifondatore del continente indio-latino, oggi sono i suoi emuli a continuare a fare gli interessi dei paesi sud americani a scapito degli ex colonizzatori. Dopo le nazionalizzazioni decise negli anni passati dal fautore del socialismo del XXI secolo, ora anche la rinata Argentina, sotto il segno del peronismo di Cristina Fernandez in Kirchner, e la Bolivia stanno finalmente riprendendosi ciò che governanti fantocci utili solo agli Usa e ai suoi camerieri avevano svenduto.
Circa un paio di settimane fa a rompere gli indugi era stata la nuova Evita che in qualità di presidente dell’Argentina aveva deciso di espropriare la compagnia petrolifera Ypf, estromettendo la spagnola Repsol; giova ricordare che la compagnia in questione era statale fino al 1993, ora però un tribunale argentino sarà chiamato a stabilire la somma che Buenos Aires dovrà versare alla compagnia iberica come risarcimento.

mercoledì 2 maggio 2012

Blitz contro Green Hill, liberati i cuccioli di beagle


(ASI) Il blitz animalista contro Green Hill nell’allevamento di Montechiari è riuscito. Decine di persone che fanno parte del collettivo “Occupy Green Hill” sono riuscite ad entrare nel canile e ad aprire alcune gabbie liberando diversi cuccioli di beagle destinati alla vivisezione.
L’ex ministro del turismo, Michela Vittoria Brambilla, anche a nome della Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente ha espresso “grande stima e gratitudine per i manifestanti riuniti a Montichiari”. “Per l'ennesima volta migliaia di cittadini – ha continuato la Brambilla - in rappresentanza di milioni di altri, hanno alzato la voce contro l’ultimo allevamento di cani da laboratorio rimasto in Italia, baluardo di un modo di fare ricerca superato e pericoloso anche per la salute umana”.

Primo Maggio: è qui la festa?


Mai come quest'anno la sfilata allegorica del primo maggio, con tutto il suo corollario di bandiere rosse, sindacalisti d'accatto e guitti da cortile, appare come un esercizio retorico privo di costrutto, completamente disancorato dalla realtà. Una sorta di nemesi delle coscienze, anestetizzate dalla ripetitività di gesti senza senso e inebetite dai ritmi sincopati di concertini rock, usati per creare un pubblico all'imbonitore di turno.
In primo luogo non si comprende bene la natura dell'oggetto che ci si appresta a festeggiare. 
Il lavoro, omai da tempo latitante e nella maggior parte dei casi (quando c'è) associato a salari inadeguati al mantenimento di una famiglia?
I lavoratori, bestie da soma in via d'estinzione, immolati sull'altare del progresso e della competitività?
I disoccupati, fra le cui fila sempre maggiormente copiose albergano ogni giorno che passa, nuovi e più numerosi aspiranti suicidi che la "buona stampa" finge bellamente d'ignorare?

Medio Oriente. Israele edifica muro al confine con Libano.


(ASI) Come anticipato da alcuni organi di stampa a fine febbraio, Israele inizia una nuova edificazione muraria, stavolta lungo il confine con il Libano: una barriera lunga 2 chilometri e alta fino a 7 metri separerà i due Stati, e sarà pronta tra qualche mese.
Amit Fisher, colonnello dell’esercito israeliano di guardia al confine libanese, ha affermato a Israel Radio International che il muro "aiuterà a prevenire gli attacchi a fuoco dal Libano verso Israele, visto che nell’ultimo anno e mezzo ci sono stati diversi incidenti di questo tipo".
Del resto, i due Paesi mediorientali restano formalmente ancora in guerra, infatti dalla fine della cosiddetta "guerra dei 33 giorni" dell'estate 2006 (durante la quale morirono 1.500 libanesi, soprattutto civili, e 160 israeliani, in gran parte militari) non è stato raggiunto alcun accordo di pace. Recentemente una dichiarazione del premier israeliano Netanyahu ha gettato una coltre scura sulle prospettive di pace, giacché ha previsto la "cancellazione dalla carta geografica" dello Stato del Libano per opera di Israele.
Lo Stato sionista, tuttavia, non sembra preoccuparsi soltanto dei suoi confini con il Libano, poichè quello che sorgerà tra qualche mese costituisce la quarta barriera che Israele vuole frapporre coi territori circostanti. Le altre tre sono presenti ai confini con la Striscia di Gaza, la Cisgiordania e l’ultima con l’Egitto, dopo la caduta dell’ex dittatore Hosni Mubarak e i timori israeliani verso il nuovo corso della politica egiziana, soprattutto dopo le elezioni presidenziali che si terranno tra maggio e giugno prossimi. Quest’ultima dovrebbe essere completata entro ottobre 2012 e sarà alta poco meno di 5 metri e lunga 225 chilometri.
Quella di Israele di trincerarsi dietro dei muri è una scelta che rientra in una politica isolazionista, certo non un messaggio di apertura al dialogo con i Paesi confinanti.

La deforestazione in Cambogia tra villaggi turistici cinesi e piantagioni di gomma.


(ASI) La foresta incontaminata del Botum Sakor National Park, nella Cambogia sud occidentale, che una volta era abitata da splendide tigri ed elefanti, sta rapidamente scomparendo per lasciare spazio a villaggi turistici per ricchi e piantagioni di gomma. La Tianjin Union Development Group, un’impresa immobiliare cinese, sta trasformando 340 chilometri quadrati di Sakor Botum in una vera e propria città turistica per il gioco d’azzardo dove poter fare “feste e baldoria”.

Tensioni in Kosovo a pochi giorni dal voto serbo.

Le elezioni serbe si avvicinano, e la tensione in Kosovo continua a crescere. Il ministro degli Interni serbo, Ivica Dacic (foto), ha affermato domenica che i servizi d’intelligence di Belgrado e quelli di altri Paesi hanno ottenuto informazioni secondo le quali ci sarebbero piani per impedire le elezioni amministrative nel Kosovo settentrionale. Si tratta della regione kosovara abitata in prevalenza da serbi nonostante facciano capo a Pristina e le cui municipalità intendono partecipare alle elezioni locali (oltre che a quelle politiche e presidenziali) del 6 maggio prossimo.

I POWs di Maghaberry interrompono le trattative.

Dopo due anni di proteste e tentativi di mediazione, i detenuti politici repubblicani detenuti nel carcere di Maghaberry hanno deciso di interrompere tutte le trattative con mediatori e partiti politici. In una dichiarazione, datata 23 aprile23 aprile 2012, i POWs hanno dichiarato definitivamente fallito ogni tentativo di raggiungere l’attuazione dell’accordo sottoscritto nell’agosto del 2010 tra prigionieri e le autorità penitenziarie, mai messo in pratica da queste ultime. “Quando abbiamo avviato la protesta, nell’aprile 2010, avevamo individuato due questioni principali che dovevano essere risolte” affermano i prigionieri della Roe House 4 citando le tristemente note strip searches e il movimento controllato. Nell’accordo i prigionieri avevano anche sottolineato che qualsiasi accordo avrebbe dovuto prendere in considerazione altre questioni importanti, come la necessità che le autorità carcerarie interagissero con i prigionieri repubblicani in quanto gruppo e non individualmente.